Turchia sull’orlo del caos con migliaia di arresti: diritti umani a rischio
ROMA – Anche Amnesty International ha lanciato l’allarme sul pericolo per la situazione dei diritti umani all’indomani del sanguinoso tentativo di colpo di stato in Turchia di venerdì scorso, a seguito del quale sono morte almeno 208 persone e sono stati eseguiti quasi 8000 arresti. Inoltre, diversi esponenti governativi hanno proposto la reintroduzione della pena di morte per punire i responsabili del fallito colpo di stato. Amnesty International sta indagando sulle notizie di detenuti sottoposti a maltrattamenti ad Ankara e Istanbul e ai quali verrebbe negato l’accesso agli avvocati. «L’elevato numero di arresti e di rimozioni dall’incarico è allarmante e stiamo monitorando attentamente la situazione. Il tentativo di colpo di stato ha scatenato un impressionante livello di violenza. I responsabili di uccisioni illegali e di altre violazioni dei diritti umani devono essere portati di fronte alla giustizia, ma la repressione contro il dissenso e la minaccia di ripristinare la pena di morte sono un’altra cosa rispetto alla giustizia» ha dichiarato John Dalhuisen, direttore per l’Europa e l’Asia centrale di Amnesty International. «Sollecitiamo le autorità turche a esercitare moderazione e a rispettare lo stato di diritto nello svolgimento delle necessarie indagini, a garantire processi equi a tutti i detenuti e a rilasciare tutti coloro contro i quali non vi sono prove concrete di aver preso parte ad azioni criminali. Un arretramento nel campo dei diritti umani è l’ultima cosa di cui la Turchia ha bisogno» ha aggiunto Dalhuisen.
In assenza di numeri esatti, le autorità turche hanno riferito che venerdì notte 208 persone sono state uccise e oltre 1400 ferite a Istanbul e Ankara. Tra le persone uccise figurano 24 “complottisti”, alcuni dei quali sarebbero stati linciati dopo che avevano cercato di arrendersi. Tra le vittime, figurano anche civili scesi in strada a fronteggiare carri armati ed elicotteri in risposta all’appello a protestare rivolto dal presidente Erdogan. «Le dichiarazioni del presidente Erdogan e di rappresentanti del governo circa il ripristino della pena di morte e il suo uso retroattivo per punire i responsabili del tentato colpo di stato sono particolarmente inquietanti. Costituiscono sviluppi preoccupanti in un contesto di crescente intolleranza verso il dissenso pacifico da parte del governo turco. Il rischio è che il giro di vite si estenda ai giornalisti e agli attivisti della società civile. Negli ultimi mesi attivisti politici, giornalisti e altre voci critiche sono stati frequentemente presi di mira e mezzi d’informazione sono stati chiusi».