Dalle Kodiak alle caraibiche Aruba e Bonaire: ecco quali sono
ROMA – Venti isole, sparse per tutto il pianeta, hanno scommesso sulle rinnovabili e hanno vinto. Coprono infatti il loro fabbisogno energetico solo con l’energia prodotta da questo tipo di fonti. La prima ad aver raggiunto l’autosufficienza energetica è stata l’isola di El Hierro, nelle Canarie. Da giugno 2014 l’energia elettrica che arriva nelle case dei suoi diecimila abitanti è prodotta da un sistema combinato di impianti idroelettrici e di impianti eolici. Nell’isola neozelandese di King e nelle Azzorre, invece, gli impianti diesel sono stati messi al bando. Tutto merito dei sistemi di batteria di ampia capacità alimentati da rinnovabili, che hanno anche ridotto i blackout. Moto ondoso e maree sono invece il punto di forza delle scozzesi isole Orkney dove, grazie al movimento delle onde del mare, l’energia cinetica si converte in energia elettrica. Asamso, lembo di terra in mezzo al Mare del Nord, il sistema di impianti da fonte rinnovabile ha reso l’isola energeticamente indipendente. L’isola tedesca di Pellworm, invece, produce tre volte la richiesta elettrica dei suoi 1.200 abitanti grazie ad un sistema di otto pale eoliche, una centrale solare e ad impianti di cogenerazione. Sono solo alcuni esempi contenuti nel dossier “Isole 100% rinnovabili” di Legambiente. «Dal Pacifico all’Atlantico, dai mari del Nord all’Australia, la transizione energetica sta producendo risultati significativi» afferma l’associazione ambientalista. L’esempio arriva anche dalle isole nel Golfo dell’Alaska (Kodiak), dalle Hawaii, dalle australiane e neozelandesi King e Tokelau. Poi ci sono le scozzesi Orkney, Eigg, Muck e Gigha, la Jamaica e le Azzorre (Graciosa). Non fanno eccezione Capo Verde, l’Indonesia (Sumba), il Mediterraneo con l’Isola greca di Tilos (Grecia) oltre alle Canarie (El Hierro). Infine i Caraibi (Aruba e Bonaire), i mari del Nord con Samso e Bornholm (Danimarca), Pellworm (Germania), White (Inghilterra).
Isole italiane e rinnovabili: potrei ma non voglio
Se si guarda al panorama italiano, però, la situazione cambia. Il nostro Paese si conferma indietro, nonostante il grosso potenziale inespresso. Da Lampedusa al Giglio, da Marettimo a Ponza, è possibile cambiare completamente scenario energetico puntando sul contributo di sole, vento, maree e delle altre rinnovabili. Ciò attraverso una innovativa gestione delle reti e degli impianti che permetta di dare risposta anche alla domanda di mobilità e di climatizzazione delle abitazioni. I dati del dossier evidenziano però un fermo non solo rispetto alle potenzialità presenti, ma anche agli altri comuni italiani (2.660), dove le rinnovabili soddisfano il fabbisogno elettrico. «La beffa – spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – è che nelle isole minori italiane si ha una penetrazione inferiore delle rinnovabili. A fronte di grandi potenzialità. Oggi i fabbisogni di energia elettrica sono garantiti da vecchie e inquinanti centrali a gasolio. Le difficoltà di approvvigionamento determinano un costo più alto dell’energia elettrica prodotta sulle isole rispetto al Continente. Dunque, alle società elettriche è garantito un conguaglio, prelevato dalle bollette di tutte le famiglie italiane di 70 milioni di Euro ogni anno». Tutto questo mentre nel resto del mondo, con la riduzione dei costi degli impianti da fonti rinnovabili, si va in tutt’altra direzione. Sono tre, per Legambiente, le scelte da fare. Stop a qualsiasi nuova realizzazione o ampliamento di centrali da fonti fossili. Approvazione del Decreto che riconosce la stessa tariffa di cui beneficiano le società che gestiscono l’energia elettrica sulle isole, a chi produce o autoproduce energia da rinnovabili. Approvazione di un Piano per arrivare al 100% da rinnovabili in ogni isola, coordinato dal Ministero dell’ambiente e che veda il coinvolgimento degli enti locali. Una sfida di grande interesse anche rispetto al Mediterraneo, dove sono oltre tremila le isole abitate.