Oggi parliamo di talento e vi raccontiamo la storia di Fosbury e del suo salto che lasciò il mondo a bocca aperta
Tenacia, carattere, talento: sono queste le caratteristiche che aiutano uno sportivo a diventare campione. Con le Olimpiadi di Rio 2016 alle porte abbiamo deciso di cominciare a “riscaldare i muscoli” raccontando le storie che hanno reso questo evento così spettacolare. Sono storie di tenacia, carattere e talento. Sono storie di uomini, prima che di atleti.
In questa terza puntata parleremo di talento, di quell’intuizione che permette al campione di superare gli avversari grazie ad un’idea inaspettata. Ma talento è anche quello di atleti come Carl Lewis, Usain Bolt, Michael Phelps o della giovane ginnasta Nadia Comaneci: persone che sembrano siano nate per scrivere la storia delle Olimpiadi.
1. Dick Fosbury stupisce tutti alle Olimpiadi di Città del Messico
Ci sono atleti che sembrano nati per diventare grandi. Sono atleti a cui tutto riesce facile, anche ciò che ad altri sembra impossibile. Poi ci sono atleti che compensano la carenza di talento con lo spirito di sacrificio e l’abnegazione, lavorando più degli altri per raggiungere l’obiettivo.
E poi c’è lui: Dick Fosbury, uno che ha pensato che non esiste un’unica strada per raggiungere l’obiettivo. Fosbury, prima che un atleta, può essere considerato un creativo, un visionario, un uomo coraggioso.
Il salto in alto.
È uno degli sport più spettacolari dell’atletica leggera, basato su una delle prove ataviche a cui si sono sottoposti i primi uomini: quella di saltare più in alto degli altri.
Abbiamo visto tutti una gara di salto in alto, quella in cui l’atleta prende una rincorsa semicircolare, affianca l’asticella da superare e salta inarcando la schiena, atterrando con le spalle sul materasso. Si chiama “salto dorsale”.
È il sistema più efficace (finora). Forse però non tutti sanno che questo stile è piuttosto recente, visto che fino al 1968 gli atleti affrontavano l’asticella frontalmente, scavalcandola col ventre, per poi atterrare con le braccia sul materassino. Un gesto più comune ma meno efficace.
Alle Olimpiadi del 1968 però Fosbury rivoluzionerà per sempre il mondo del salto in alto.
Ma come salta quell’uomo?
Nel 1968 Dick Fosbury è un ventunenne americano di Portland. Non si presenta alle Olimpiadi di Città del Messico tra i favoriti, ma lui sa di avere un’arma segreta. Lo sa lui e lo sa il suo allenatore che lo ha visto allenarsi per mesi e che all’inizio lo ha anche sconsigliato di saltare in quel modo strano che Dick aveva già sperimentato con successo in alcune gare.
Quel pomeriggio del 1968, quando tocca a Dick saltare, il pubblico rimane a bocca aperta mentre lo vede prendere una rincorsa circolare e non diretta, come avevano fatto gli altri atleti prima di lui. E tutti trattengono il fiato mentre lo vedono scavalcare l’asticella con la schiena, in quel movimento innaturale che prevede una torsione completa del corpo. E infine, tutti si alzano in piedi ad acclamarlo, quando il giudice dichiara che Dick Fosbury, con quel salto “strano” ha stabilito il nuovo record olimpico: 2,24 metri.
2. Nadia Comeneci manda in tilt i computer alle Olimpiadi del 1976
Se Fosbury può considerarsi un creativo, la romena Nadia Comaneci è stato un talento puro, raffinato da un allenamento intenso e continuo.
Nadia ha soli tre anni quando i genitori la indirizzano verso la ginnastica artistica e ne ha sei quando viene notata dall’allenatore Béla Károlyi e viene inserita in una vera e propria squadra. Da quel momento in poi la carriera di Nadia è un susseguirsi di successi che la porteranno a soli quattordici anni a partecipare come ginnasta alle Olimpiadi di Montreal del 1976.
Nadia parte tra le favorite ma nessuno poteva pensare ad un’esecuzione così perfetta alle parallele asimmetriche (esercizio molto difficile da eseguire). I giudici restano esterrefatti e le assegnano un 10, punteggio massimo.
Il problema è che i computer non prevedevano quel tipo di punteggio per quell’esercizio (arrivavano al massimo a 9,99) e vanno in tilt. Ci vorrà un po’ per ripristinare il sistema ed assegnare a Nadia la vittoria. Nella stessa Olimpiade, Nadia porterà a casa altre due medaglie d’oro (concorso generale individuale e trave).
3. Carl Lewis, Usain Bolt, Michael Phelps: nati per vincere le Olimpiadi
Alcuni atleti hanno in casa una collezione di medaglie olimpiche tanto vasta da riempire un armadio. Su tutti si staglia il nuotatore statunitense Michael Phelps con 22 medaglie (di cui 18 d’oro!) e ancora in attività.
Seconda è la ginnasta sovietica Larissa Latynina, che tra il 1956 e il 1964 conquistò 18 medaglie (9 ori). Al terzo posto troviamo il finlandese Paavo Nurmi, con 12 medaglie (9 ori). Il grande Carl Lewis, il “figlio del vento” è “solo” quinto in questa classifica, con le sue 10 medaglie (di cui 9 d’oro).
Il primo italiano della lista è lo schermista Edoardo Mangiarotti (13 medaglie, 6 d’oro), a testimoniare la grande tradizione degli azzurri in questo sport.