Un sito straordinario e un popolo che vive di turismo e di prodotti tipici
Castelmola è una terrazza eterna dove il mare è baciato dal cielo: uno lo spettacolo!
Castelmola è una terrazza naturale dove l’autorevolezza generatrice ha creato un bel vedere, dal quale il cielo e il mare sono un tutt’uno: l’Etna spadroneggia imponentemente e sempre temuto, circondato perennemente dalle ficare che signoreggiano intorno dove ancora esistono i pozzetti idrici che risalgono all’epoca romana, la costa ionica, il golfo dei giardini di Naxos e la ridente Taormina che dista solo a quattro chilometri, il Capo di S. Alessio e ancora le belle coste calabresi. Altro che panorama, una cartolina in cui la realtà sposa l’ispirazione artistica di madre natura coniugando infine un inesauribile patrimonio d’amare, tuttora pieno delle sue virtù. Per le sue origini che risalgono al periodo pre-ellenico e forse per la sua posizione sopraelevata, un tempo fu la vera acropoli di Taormina.
Le sue origini si perdono negli anfratti del tempo
Mylai, era chiamata nel periodo risalente all’età di ferro (VIII secolo a.C.), lo testimoniano il ritrovamento della necropoli di Colonnazzo, poi Mola perché assomigliante ad una mola di pietra sulla quale si arroccano le abitazioni. I colori che sovrastano sulle case variano, da un emozionante nocciola chiaro al giallo, al rosa antico fortemente mediterraneo, mentre porte e finestre sono riquadrate in pietra di Taormina, le tegole sulle case portano ancora i coppi alla siciliana. Ecco di fronte a questo paesaggio possiamo concepire con la fantasia anche quelle note generate dal Marranzano, lo schiaccia pensieri che accompagna i canti popolari e simbolo spettacolare della Sicilia. Un tempo per entrare nel piccolo centro apriva il varco, una porta scavata nella roccia e adagiata su una monumentale scalinata in pietra lavica. E per arrivare al paese, quasi un cucuzzolo dove per arrivarci, le strade sono ancora fatte di ciottoli, sono i tornanti che a zig gag, portano fino alla piazza principale. Per raggiungere la vicina Taormina ci sono sentieri, vecchie mulattiere, che pare siano rimaste intatti, dove l’uomo è riuscito a preservare un’eco sistema all’insegna del rispetto della natura e soprattutto della storia che gli avi hanno lasciato e, qui, una piazzetta con la piccola chiesa di S. Biagio, dove c’è ancora un affresco settecentesco, la prima sorta a Castelmola dopo l’arrivo di S. Pancrazio a Taormina per portarvi la religione cristiana. Tra le stradine che s’intrecciano fino ad arrivare alla Piazza Maggiore s’intravede da subito l’insediamento medievale. Un arco all’entrata del paese è diroccato, ma rimane ai suoi piedi una gradinata in pietra calcarea. Del Castello – fortezza restano soltanto le robuste mura normanne, tuttavia sull’arcata della porta d’ingresso c’è scritto “Castello fedele a Sua Maestà anno 1578”. Interessante anche la chiesa di San Giorgio dove viene custodito il patrono del paese. Al sud le feste padronali sono molto sentite.
L’attività economica di Castelmola è dettata dalla tradizione
Il popolo castelmolese vive esclusivamente sul turismo. piccoli imprenditori che hanno compreso quale ricchezza gli è stata consegnata dalla natura. Nonostante non ci siano autostrade per arrivarci il turista incuriosito per il gran parlare che ha costituito la storia di questo piccolo centro si arrocca per salire sulla Terra che ha conosciuto diversi conquistatori, da Dionisio ad Agatocle, da Tindarione a Pirro, da Cicerone a Pompeo, dagli Arabi ai Normanni e gli Spagnoli, ma che, di fatto, è rimasto sempre al popolo siciliano. Alcuni di questi popoli apportarono pace e cultura, apprezzando ed esaltando i luoghi e i prodotti, altri diversamente distrussero ciò che incontravano e tra questi l’arabo Ibrahim, noto per aver raso nel 902 l’antica Myle. Castelmola ha vissuto queste vicende con un ruolo fondamentale poiché, ergendosi su una rocca, diveniva luogo di riparo per tutti gli abitanti dei paesi limitrofi. Proprio una fortezza naturale che a causa della mancanza di strade diveniva luogo ostile e di difficile conquista.
La particolarità che la rende unica
Il vino alla mandorla è la ricetta di un’antica tradizione appartenuta alla famiglia Turrisi, che ancora oggi mantiene florida quest’arte vinicola. Prodotto nelle cantine utilizzando uve della zona di Marsala. Questo elisir è l’incontro tra uve cataratto, erbe aromatiche, mandorle, ed essenze agrumarie che rendono il tutto al quanto fine e inconfondibile. Un vino che inganna i sensi al primo sorso per la dolcezza, ma amaro, affiora il suo retrogusto, essenza tipica della mandorla. Il profumo racchiude in sé l’ebbrezza mistica di una voluttà femminile, dalla quale come musa ispiratrice questo nettare rispecchia in essa tutte le sue qualità: dolce, vellutato, morbido, profumato …. amaro. Aromatizzare il vino ha lo scopo di far conoscere ai popoli del mondo tutti i sapori e le essenze di questa nostra terra ricca di ogni sorta di ricchezza. È l’antica arte dei Greci che usavano aromatizzare i vini per mantenerli durante il trasporto e inoltre poter portare gli aromi delle terre conquistate. Questo è il segreto della nascita del vino alla mandorla. È un vino servito ghiacciato, con una scorza di arancia o di limone, che risaltano ancor più l’aroma. Il suo colore brillante e ambrato lo rende davvero fine e signorile, inconfondibile. Va accompagnato a fine pasto con dolci e frutta. Queste sono le percezioni di veri esperti, estimatori ma soprattutto ricercatori del buon gusto che amano rinnovare usi e costumi di questa isola più estesa d’Italia.
Ada Cosco