L’oro giallo della Calabria vanta il primato in Europa per la produzione olearia
Made in Calabria? Sicuramente l’oro giallo, la cui meticolosa preparazione è esposta a Cropani.
Sono recenti infatti le polemiche su vari prodotti agroalimentari dove la frode a discapito del consumatore la fa da padrona. Ultima, si dice per dire, nel mirino delle truffe l’olio spacciato per extravergine o semplicemente “olio,” niente affatto frutto dell’olivo. Fortunatamente tutti gli oli contraffatti, sotto accusa, non sono prodotti in Calabria, un po’ di appartenenza patriottica non guasta. E l’Italia continua a ricevere delle imposizioni a tal punto di dover accettare un’importazione insensata quando produce e potrebbe garantire alla nazione il consumo pro capite.
È l’oro giallo che detiene il primato, grazie al clima mediterraneo che ne facilita l’alta qualità. Su una media produttiva nazionale di 6.5 – 7 milioni di quintali più dell’80% viene prodotto nelle regioni del sud Italia: Puglia, Calabria e Sicilia hanno un’incidenza sulla produzione nazionale di circa 80% di tutto l’olio d’oliva che si produce in Italia che diventa il secondo produttore di Europa.
Entrando a Kropos, Cropani per i nostrani, dalla statale 106 catanzarese si scorgono dei ruderi che sono proprio accostati all’imponente duomo rinascimentale dell’Assunta.
Sono separati solo da una stradella che sembra quasi invitare i passeggeri alla preghiera verso la cattedrale, si scorgono i resti di una fabbrica, un vero e proprio tesoro di archeologia industriale che ospitava un frantoio. Parte di questa struttura risalente al 500, quella dove si presentava la parte operativa per la molitura delle olive è stata ristrutturata e riadattata sia al tempo che al servizio abitativo dall’imprenditore Pasquale Ligarò che con suo fratello hanno deciso di riprendere la storia spezzata dal tempo e riproporla alle nuove generazioni. Cropani con la sua storia oggi ospita un museo dell’olio. All’interno di questo modulo architettonico è possibile ammirare le antiche macine in pietra granitica della Sila e un rarissimo sistema di presse e torchi in legno, risalente probabilmente al XVII, molto ben conservato.
“Il fatto di recuperare la struttura” dice Pasquale Ligarò, ha un valore storico, “sintetizza il mondo dell’olivicoltura e dell’olio”. Progetto interessante messo a fuoco dal prof Raffaele Lupia principale progettista e dal dottor Carmine Lupia insaziabile conoscitore agro-forestale. E’un rudere cadente abbandonato, ma di importanza storico culturale. Eppure nel prossimo futuro diventa didattica, turismo, educazione ambientale. Luogo del 500 e frantoio del 600 che esprime l’antica tipologia dell’estrazione. Tecniche che guardavano all’innovazione. Era fatta bene con cisterna grande. Ricorda forme del periodo bizantino, interessante la struttura architettonica. Ha capito bene Ligarò che bisogna scommettere sul progetto culturale per lasciare ai posteri concrete eredità e continuare a tutelare non solo la natura ma soprattutto la storia per migliorare il futuro.
All’interno della struttura fresca di restauro si trova la tabellonistica che guida i curiosi e a breve partirà la parte interattiva, sagome che riproducono fasi di lavorazioni, il visitatore potrà interagire con parte informatica utile a chi ne vuole sapere di più.
Una curiosità che solo la scienza conosce dopo studi e ricerche
Quando la drupa è stressata con il vento come in estate, per difendersi produce antiossidanti. Più è maltrattata dal punto di vista pedoclimatico più produce antiossidanti, dati confermati scientificamente.
Quantità antiossidanti superiori da quelle di tutta Italia. Quindi grazie a fattori climatici la Calabria vanta oli eccellenti. Carolea oliva ma decine sono le varietà
Ada Cosco