Tra il massiccio delle Serre Calabresi si respira aria mistica, frutto di storia e azione ecumenica
Soprattutto per i calabresi, Serra San Bruno è un riferimento inspiegabile se non in rappresentanza di una pertinenza specifica e comprensibile dall’attaccamento cristiano che contraddistingue il popolo credente, nonostante un’era di contraddizioni, come cattolici per devozione.
All’altezza di 800 metri, tra il massiccio delle Serre calabresi, percorrendo il grande viale alberato che invita alla serenità, per l’armonia invitante che si prospetta, si arriva alla monumentale Certosa. Dove profumi di montagna s’intrecciano in un ambiente mistico. Essenze che sprigionano un miscuglio di piacevoli armonie del corpo, ma soprattutto della mente. E si avverte una requie di cui molti sono alla ricerca e accanto alla quale ci sarebbe da scrivere immense note per la meditazione che scaturisce la esplorazione introspettiva, contemplata dall’uomo che vuole cercare risposte tangibili alla sua instancabile sete di conoscenza altamente spirituale.
Venne definito uno dei maggiori feudi ecclesiastici del meridione. E grazie all’ombra della comunità di religiosi la cittadina san brunese ha sviluppato maestrie come pittori, artisti del legno, fabbri, decoratori, lapidaci, che hanno contraddistinto tutto il comprensorio. E’ Una documentata dimora eretta da S. Bruno in cui vivono i monaci certosini.
Circa mille anni fa il santo originario, dalla Francia è stato quasi ispirato, insieme ad alcuni suoi compagni, a fondare la Certosa
Fu copiata la Grande Certosa presso Grenoble fondata sempre da S. Bruno. Purtroppo, dietro il terremoto di Serra San Bruno del 1783 dell’edificio religioso originale in stile gotico restarono solo ruderi a ricordo, ma nulla è stato perso. Perché rinasce, dopo altri interventi, nel periodo tra la fine del XIX e gli inizi nel XX secolo rievocando lo stile gotico francese. Come ai nostri giorni.
All’interno ci sono statue marmoree dell’800 un busto reliquario argenteo del 1520 raffigurante S. Francesco di Paola attribuito a Luca Giordano, candelabri di bronzo francesi del 600. L’ingresso alle donne è assolutamente vietato, mentre agli uomini era consentito far visita in alcuni giorni della settimana, oggi le direttive impongono severe regole.
L’ordinanza eremitica e della stretta clausura è certamente quella che di più ha convinto i Certosini stessi a creare una struttura che rispondesse alle quotidiane richieste da parte dei pellegrini e dei turisti, curiosi di conoscere il loro modello di vita e la loro storia. E anche condividere in un certo qual modo quel luogo così silenzioso, ma anche espressivo. Nasce cosi l’idea di creare il Museo che si trova all’interno della Certosa, in un’ala accessibile attraverso un’entrata indipendente, nel quale si possono acquistare i prodotti dell’antica erboristeria certosina. Il Museo conta circa 20 ambienti e si sviluppa su un unico piano per circa 1.200 mq. La durata del percorso varia dai 45 ai 90 minuti, considerando che il programma audiovisivo è di 10 minuti in cui si conosce anche la storia di S. Bruno, la storia della Certosa anticamente dedicata a S. Stefano del Bosco.
L’ingresso al Museo è consentito anche alle donne. Non va dimenticato che il prestigio cui la Certosa assurse nel tempo così rapidamente, gli aprì la strada per ottenere concessioni e privilegi sovrani che si estesero alla giurisdizione feudale su paesi come, Spadola, Montauro, Gasperina e Rocca di Neto (Kr). Non lontano dalla certosa si trova la chiesa di S. Maria dell’Eremo costruita proprio nel all’interno della selva dove non solo dimorò ma morì san Bruno. La tradizione racconta che le spoglie del santo fossero sepolte proprio nel laghetto vicino, e nel momento in cui si cercò di portarle in superficie cominciò a sgorgare l’acqua della sorgente che l’alimenta. Il giorno in cui si festeggia San Bruno è il 6 ottobre.
Le preghiere sono una parte riservata nella vita dell’eremo
Nel luogo del silenzio, all’interno della certosa di San Bruno è difficile posare lo sguardo attraversare le stanze, condividere quei momenti di preghiera che in quel luogo sprigiona un solenne e sentimentale segmento morale. Nessuno ha mai varcato la porta che conduce a quel mondo di orazione. I residenti, sedotti da Dio, hanno lasciato alle spalle gli affanni dei beni effimeri per diventare cercatori di eternità. La cella o eremo, in cui passano gran parte della giornata è sobrio nell’arredo: un vero e proprio rifugio in cui leggere e studiare, accanto un letto, un appendi abito e l’inginocchiatoio per le preghiere.
Le loro giornate sono colorate anche da momenti espressivi come la pittura, l’intarsio del legno, lavorazioni di decorazioni e miniature. Una vita di clausura che avvolge tante attività ricreative dove ogni certosino può realizzare l’estro. Tre volte al giorno i monaci si ritrovano per pregare insieme: le lodi mattutine, per la messa del convento e i vespri verso sera. Una volta alla settimana i fratelli certosini escono dal convento e s’immergono nel verde, un bosco amico che riesce a farli sentire nel paradiso terrestre, compagni querce e faggi, pini timidi che riversano apprensione verso quelle sortite in libertà nelle meraviglie, che regalano quella serenità che madre natura riesce a custodire per quel mondo che di magico è capace sprigionare i miracoli del creato.
Un fotografo tempo addietro è stato autorizzato di condividere con i frati certosini alcuni giorni, momenti significativi della loro vita; immortalando con descrizioni meticolose, fotografando archi temporali, in cui si contempla una condizione di supplica religiosa, rivolta ad un Dio e per intercessione all’umanità intera. Proprio loro, certosini per scelta e per devozione che hanno come compagna la solitudine, come linguaggio il silenzio, come lavoro, la preghiera. Le foto, per gentile concessione, sono della casa editrice Ancora E un grazie per “I colori del silenzio” che ha saputo regalarci Massimo Bassano.
Ada Cosco