Editoriale, a Virginia Raggi non basta essere onesta per guidare Roma


Trilussa ha anticipato pregi e difetti di Roma
Il monumento al dissacrante poeta Trilussa

I pasticciacci brutti dell’azienda Roma

L’ho già detto e lo ripeto, vedo con simpatia ma senza appartenenza, l’impegno di Virginia Raggi e dei cinque stelle sul Comune di Roma. Anche se ritengo che un “macigno burocratico” del genere sia arrivato troppo presto sulle loro spalle.

E’ una controprova ardua per comprendere se il movimento è capace di essere anche un’organizzazione di governo oltre che di protesta.

Di essi – i cinquestelle di Virginia Raggi – non ho difficoltà ad affermarne l’onestà intellettuale ma, mostrarsi capaci di guidare un carrozzone come il Comune di Roma, è tutta un’altra cosa.

Faccio un esempio, se si sta a disquisire un certo numero di giorni, sulla probità di chi si occuperà di gestire il percorso di rifiuti, o di chi dovrà seguire le scuole o l’acquedotto o la nuova viabilità, per altrettanti giorni quei problemi resteranno irrisolti e le conseguenze di un rinvio potranno addirittura superare il problema contingente.

Guidare una città, diceva un passato ministro dell’Istruzione, comporta soprattutto erogare servizi che devono avere una continuità indipendentemente dalle scelte di programmazione da fare; se non li si eroga, quel fragile strumento che si chiama consenso finisce per vacillare.

Quindi, siccome mi sembra che si stia tentando di coniugare il fatto di avere un bravo tecnico in servizio e di pagarlo meno di quanto lo paghino altrove, credo che il rigore dei cinque stelle debba esser mitigato finché non assumeranno il controllo dell’azienda Roma.

A quel punto dovranno precorrere i tempi. Del tipo, “Le Olimpiadi? Sì, perché no, ma il Cantone del momento ce lo mettiamo subito e non quando ci accorgeremmo che la Suburra si è belle introdotta”. Diversamente, non vedo futuro roseo per l’impegnata Virginia Raggi.