Editoriale, finiti i triplici baci tra Putin e Obama


Molti impegni nuovi al G20 di Hangzhou in Cina
Molti impegni nuovi al G20 di Hangzhou in Cina

Il G20 ha lanciato ancor più la Russia sullo scacchiere mondiale

Niente triplici baci tra Vladimir Putin e Barack Obama. Con il primo che, complice una sfida elettorale tutta concentrata sugli aspetti interni degli Usa che impedisce alla Clinton di garantire continuità politica al predecessore, segna una serie di successi economici e diplomatici apparentemente ininterrotta. C’è tanta Russia nelle politiche mondiali, prima e dopo il G20 di Hangzhou.

E gli Usa devono far buon viso a giochi su questioni fino a ieri di importanza strategica propria e dei propri alleati, cioè devono incassare le manovre avio navali sinorusse che sfiorano le isole contestate del Giappone e sperimentano il sistema missilistico S-400, fornito da Mosca a Pechino, devono minimizzare gli ammonimenti alla Corea del Sud a non installare lo scudo missilistico d’alta quota Thaad, ancorché nessuno fermi i continui lanci di missili della Corea del Nord, e infine accettare le molte intromissioni di Putin sullo scacchiere mediorientale con tanto di proposta a palestinesi e israeliani di riprendere a Mosca i dialoghi di pacifica convivenza. Putin ha ottenuto importanti aperture da Theresa May, premier britannico; Putin flirta con il turco Erdogan, nonostante sia diversa la posizione riguardo la Siria, dove comunque il presidente russo ha portato la Cina a chiudere accordi di forniture militari.

L’ultima operazione è di pochi giorni fa, ancorché annunciata e preparata da mesi; gli emissari di Mosca sono al tavolo con quelli di Riad per calmierare il prezzo del petrolio e riportarlo a prezzi più elevati rispetto quelli attuali. Un fatto di per se stesso che potrebbe piacere anche agli Usa, divenuti primi produttori dell’olio di scisto, ma le cui imprese lavorano in perdita e sono sull’orlo del tracollo finanziario, ma un fatto che, aggiunto all’accordo di due anni fa con la Cina sui gas naturali, porrebbe la Russia all’avanguardia nelle politiche energetiche mondiali.

C’è chi considera un azzardo questo accordo da parte di Mosca che nei propri impianti siberiani ha tecnologie limitate per frenare l’estrazione e non ha capacità ulteriori di immagazzinamento e c’è chi pensa che dietro l’accordo ci sia ben altro. Il ritorno dell’Iran nel mercato dei produttori mondiali di petrolio e il sostegno dato da quest’ultimi all’Iraq nell’ampia ripresa estrattiva, sembrano essere gli aspetti dominanti della corsa al ribasso del petrolio. Su questi paesi, più il primo che il secondo, probabilmente si gioca la scommessa di Putin per omogeneizzare il mercato del greggio ed egemonizzare la gestione del medesimo. E gli Usa in questo momento sono costretti a guardare.