Indagine della Cgia di Mestre: solo il 7% dei comuni ha effettuato segnalazioni
ROMA – Spesso in prima linea quando si stratta di lamentarsi dei tagli agli enti locali e delle casse vuote, solo il 7 per cento dei comuni italiani si è attivato nella lotta alla evasione fiscale traendone risorse per il proprio territorio.
Su poco più di 8.000 Comuni presenti in Italia, infatti, solo 550 hanno dato origine ad un’azione collaborativa con l’amministrazione finanziaria per smascherare i furbetti. Inoltre, quei pochi municipi che si sono attivati hanno diminuito il numero degli accertamenti sui tributi erariali (Irpef, Irap, Iva, etc.). Se il picco massimo è stato ottenuto nel 2012 (pari a 3.455 accertamenti), nel 2013 il dato è sceso a 2.916, nel 2014 a 2.701 e l’anno scorso a 1.970.
Lo rileva un’indagine della Cgia di Mestre, che mette in evidenza come l’incentivo economico riconosciuto agli enti locali per la loro partecipazione agli accertamenti fiscali, sia in aumento.
Le somme recuperate agli evasori e finite nelle casse dei comuni sono state pari a 2,9 milioni nel 2011, mentre nel 2012 tale somma ha sfiorato gli 11 milioni, nel 2013 ha superato i 17,7 milioni e nel 2014 (ultimo dato disponibile) ha toccato quota 21,7 milioni di euro. Ma c’è una spiegazione a quest’ultimo dato, e non riguarda la maggiore collaborazione delle amministrazioni.
«La crescita del gettito è aumentata perché è stata incrementata l’aliquota riconosciuta dal legislatore ai comuni sulle maggiori entrate tributarie recuperate dall’accertamento a cui hanno collaborato – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo -. Ciò in quanto originariamente la quota riconosciuta ai sindaci era del 30 per cento, nel 2010 è stata innalzata al 33 per cento e nel 2011 al 50 per cento. Infine, per gli anni dal 2012 al 2017 è stata elevata al 100 per cento».
In Emilia e Lombardia sindaci “detective”: maglia nera ai comuni del Sud
Le differenze a livello territoriale sono nette e ad aver sfruttato questa opportunità sono stati prevalentemente i primi cittadini dell’Emilia Romagna e della Lombardia. Nel 2014, ad esempio, gli enti locali di queste due regioni hanno assicurato oltre i 2/3 dell’intero incasso recuperato dai comuni a livello nazionale.
Sebbene siano aumentati gli incentivi fiscali a beneficio dei comuni, nel Mezzogiorno l’attività di “intelligence” dei sindaci è stata pressoché nulla. Ad eccezione delle amministrazioni presenti nelle Regioni a statuto speciale che non sono incluse in questa elaborazione, tra i comuni capoluogo di provincia del Sud solo Reggio Calabria, Vibo Valentia, Pescara, Teramo, Salerno, Lecce e Benevento hanno avviato delle segnalazioni agli uomini del fisco.
Tutte le altre – in particolar modo Napoli, Bari, Foggia, Caserta, Taranto, Avellino e Cosenza – sono rimaste inattive. Alcune amministrazioni comunali “renitenti” sono comunque presenti anche al Centro e al Nord. Vi figurano: Lodi, Sondrio, Biella, Vercelli, Grosseto, Lucca, Pisa, Siena, Belluno, Rovigo e Treviso.
«Con delle realtà come il Molise, la Campania e la Calabria dove, secondo l’Istat, il numero degli edifici costruiti illegalmente nel triennio 2012-2014 è stimato in proporzioni variabili fra il 45 e il 60 per cento di quelli autorizzati, si fa fatica a capire come mai solo 27 Sindaci, su un totale di 1.095 amministrazioni comunali presenti in queste 3 regioni, abbiano segnalato al fisco situazioni di illegalità» aggiunge Zabeo.
«Ci sono ancora moltissime persone completamente sconosciute al fisco che continuano a nascondere quote importanti di valore aggiunto – afferma il segretario della Cgia, Renato Mason -. Non dimentichiamo, poi, il mancato gettito imputabile alle manovre elusive delle grandi imprese e alla fuga di alcuni grandi istituti bancari e assicurativi che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio per pagare meno tasse».
Cosa possono fare le amministrazioni comunali contro l’evasione
I sindaci, attraverso il coinvolgimento degli uffici comunali preposti, possono dar luogo ad un’azione di contrasto alla evasione fiscale trasmettendo all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di finanza delle “segnalazioni qualificate” nei confronti di soggetti per i quali sono riscontrati comportamenti evasivi e/o elusivi. Il conseguente recupero di imposta accertato dagli uomini del fisco viene poi traferito ai comuni che hanno avviato l’operazione.
Ci sono cinque principali ambiti d’intervento per i quali i comuni possono dar luogo a delle “segnalazioni qualificate” contro l’evasione: commercio e professioni; urbanistica e territorio; proprietà edilizie e patrimonio immobiliare; residenze fittizie all’estero; disponibilità di beni indicativi di capacità contributiva.