Obama attacca Mosca. Tensione alle stelle dopo la fine della tregua in Siria
ROMA – La crisi siriana è entrata di prepotenza al Palazzo di Vetro dell’Onu dove è in corso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Non poteva essere altrimenti visto che l’argomento principale che ha riunito gli oltre 150 capi di governo a New York è l’emergenza migranti.
Se a ciò si aggiunge l’escalation di tensione provocata dai raid aerei americani prima, con l’uccisione di almeno 90 militari dell’esercito del presidente Assad, e la fine della tregua annunciata ieri da Damasco, si comprende bene come il tema sia in cima all’agenda mondiale.
Sulla crisi siriana i rapporti tra Mosca e Washington restano l’ago della bilancia. Una relazione fatta di tensioni continue e di un muro contro muro.
L’accordo sulla fragile tregua, durata poco meno di una settimana e violata, secondo lo Stato maggiore siriano, in almeno 300 occasioni dai ribelli, sembrava una svolta nel tribolato rapporto tra Russia e Stati Uniti.
Ma gli ultimi accadimenti hanno riportato al punto zero. Anzi, la tensione è destinata a salire ancora tra le due superpotenze dopo l’intervento del presidente americano Barack Obama, che implicitamente ha puntato il dito, ancora una volta, contro la Russia alleata di Assad.
«Sta cercando, attraverso l’uso della forza, di riprendersi la gloria che ha ormai perduto» ha tuonato.
Obama ha poi attaccato anche il collega-rivale Vladmir Putin e il suo alleato Assad quando ha detto «no agli uomini forti e alle società che fanno dell’autoritarismo la loro forma di governo».
In precedenza era stato il Segretario generale della Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ad intervenire a piedi uniti sulla crisi siriana.
Nel suo discorso di apertura dei lavori ha attaccato duramente il governo del presidente Bashar al Assad affermando che «molti gruppi hanno ucciso civili nel Paese ma nessuno ha ucciso più di loro».
Ban Ki-moon ha poi lanciato un appello alla comunità internazionale per trovare un accorso sulla crisi siriana.
«La transizione politica non può più attendere. Chi ha influenza deve fermare i combattimenti e avviare nuovi negoziati perché non esiste una soluzione militare alla crisi» ha detto.