Il nuovo opuscolo è già stato ritirato con altra coda di polemiche, soprattutto in Rete
ROMA – Dopo la “gaffe” e le polemiche seguite alla campagna pubblicitaria del Fertility Day di oggi, il ministero della Salute invitava in fretta a fare figli, il dicastero ha fatto un nuovo opuscolo, reimpostando il tutto. Opuscolo che, però, è già stato ritirato con altra coda di polemiche, soprattutto in Rete.
A pagare le conseguenze sono stati anche gli ideatori della campagna. Se nel primo caso era stato dato il benservito all’agenzia esterna a cui era stata commissionata la campagna sul Fertility Day, ora un simile provvedimento (senza licenziamento) è stato preso verso chi all’interno del ministero si è prodigato nel concepire, creare e divulgare l’opuscolo che il web ha bollato come “razzista”.
Per rappresentare il binomio vita sana-fertilità, la scelta iconografica è ricaduta infatti sul confronto bianchi contro neri.
Sopra ragazzi biondi e sorridenti ad illustrare le “buone abitudini da promuovere”. Sotto giovani neri, uno con le treccine, intenti a fumare qualcosa che può essere assimilato ad uno spinello e a rappresentare i “cattivi compagni da abbandonare”.
«Noi, come sempre in sintonia col Candide di Voltarie, restiamo stupefatti di tanta solerzia e ci viene in mente subito una considerazione/consiglio per il ministero: astenetevi!» scrive l’Aduc in una nota.
«Una sorta di coitus interruputus? No, rinunciate proprio! Il ministero dovrebbe svolgere una funzione di rappresentanza di tutti gli italiani (anche quelli che non hanno votato chi poi li ha scelti come ministri), ed è bene che emargini dalle proprie iniziative tutto quello che ha a che fare con ideologia, morale o etica che dir si voglia» aggiunge il presidente Donvito.
«Si limitino a fare i ragionieri delle Regioni (che hanno il vero potere sul Sistema Sanitario), in attesa che qualche saggio riproponga e attui l’abolizione di questo inutile ministero. Certo, al ministero potrebbero incaponirsi e “tirare diritto”, ma sarebbe una battaglia persa in partenza: il loro incaponimento è roba da “culturale” e non da istituzioni, e almeno per il momento, e nonostante vari tentativi miserevoli, la cultura non può essere affar di Stato» conclude.
«Per cui – ironizza Donvito – siamo molto curiosi di sapere quale sarà la prossima mossa. Già vediamo i vignettisti stile Charlie Hebdo che affilano le matite».