In Italia colpite 400mila persone: servono norme per tutelare chi lavora all’aperto
ROMA – Muratori, contadini ma anche pescatori e marinai. Chi svolge la sua professione all’aperto o chi per passione trascorre molto tempo al sole come velisti, maestri di tennis, golfisti, sciatori e surfisti, rientra tra le categorie a rischio per la cheratosi attinica.
L’esposizione continua e senza protezione ai raggi UV è infatti il principale fattore di rischio della patologia, che si presenta sulla pelle con una macchia rossa ricoperta da squame, soprattutto sul viso, sul dorso delle mani e sulle braccia.
Si stima che in Italia circa 400mila persone siano colpite da questa malattia, la maggior parte proprio per motivi professionali.
«In Paesi come la Germania i lavoratori a rischio hanno assicurazioni idonee a tutelare i danni da esposizione cronica al sole ma in Italia non è così» spiega Giuseppe Monfrecola, Professore ordinario di Dermatologia all’Università Federico II di Napoli.
Per questo sarebbe opportuno valutare la possibilità di emanare norme che individuino e tutelino categorie professionali a rischio per la cheratosi attinica.
«La legge oggi in vigore sulla sicurezza sul lavoro fa riferimento ai danni causati dalle radiazioni elettromagnetiche ionizzanti (raggi X) o non ionizzanti (ultravioletto e luce visibile), ma includendo solo le sorgenti artificiali. Invece il principale fattore di rischio è costituito proprio dall’esposizione cronica alle radiazioni solari» aggiunge.
Di cheratosi attinica e delle principali malattie della pelle si parlerà approfonditamente al convegno “Derm in Mind 2016” che si svolgerà domani e martedì a Roma con la partecipazione di 250 esperti.
«La cheratosi attinica è considerata una forma iniziale di carcinoma squamocellulare della pelle, quindi una diagnosi e un trattamento precoce possono prevenire l’evoluzione in un tumore invasivo che può crescere localmente invadendo i tessuti circostanti e, in alcuni casi, metastatizzare» afferma Maria Concetta Fargnoli, Professore associato di Dermatologia all’Università degli Studi dell’Aquila.
Uno studio recente ha dimostrato che la cheratosi attinica di grado I può evolvere in una forma invasiva di carcinoma squamocellulare più frequentemente rispetto a quelle di grado II e III, caratterizzate da una maggiore atipia istologica, quindi è molto importante trattare anche le lesioni precoci.
Come prevenire la cheratosi attinica
Le principali regole di prevenzione sono rappresentate dalla protezione delle zone esposte con creme solari e con vestiti. Le probabilità di sviluppare la malattia dipendono sia dalle condizioni ambientali che genetiche.
«L’intensità e la quantità di raggi solari assorbiti svolgono un ruolo importante – continua il prof. Monfrecola -. Ma influiscono anche condizioni genetiche, ad esempio le persone con pelle chiara, capelli rossi ed efelidi sono più a rischio, così come gli individui immunodepressi per diverse ragioni».
«I tassi di prevalenza della cheratosi attinica riportati in Italia così come negli altri Paesi sono estremamente eterogenei e sicuramente sottostimati – aggiunge la prof.ssa Fargnoli -. La variabilità dei dati evidenziati negli studi clinici è legata alle diverse modalità con cui sono raccolti in riferimento alla selezione del campione, alla conta delle cheratosi attiniche e ai differenti fattori di rischio della popolazione in studio, quali il colore della pelle e l’intensità di esposizione alle radiazioni ultraviolette».
Il problema principale è la mancata registrazione delle cheratosi attiniche nei registri tumori sia in Italia che all’estero. Di recente è stata effettuata una raccolta retrospettiva di dati sulla frequenza della malattia in pazienti ambulatoriali di età superiore (o uguale) a 30 anni in un periodo di 3 mesi consecutivi (dicembre 2014 – febbraio 2015) che hanno avuto accesso agli Ambulatori di Dermatologia Generale di 24 centri di Dermatologia italiani.
La cheratosi attinica è stata diagnosticate nel 27% dei pazienti, prevalentemente di sesso maschile ed età maggiore di 60 anni, localizzata alla regione testa/collo nell’80% delle persone e nel 55% dei casi erano presenti in numero inferiore a 5.