Emerge dal Rapporto Caritas nella Giornata internazionale contro la povertà
ROMA – Le nuove generazioni sono quelle che, per la prima volta nella storia del nostro Paese, soffrono maggiormente la povertà rispetto agli anziani.
È la denuncia contenuta nel Rapporto 2016 della Caritas, diffuso in occasione della Giornata internazionale contro la povertà e frutto dell’analisi dei dati e delle esperienze quotidiane delle oltre duecento Caritas diocesane operanti su tutto il territorio nazionale.
Il dossier dal titolo “Vasi comunicanti”, incentrato su povertà ed esclusione sociale affronta questi temi allargando il proprio sguardo oltre i confini nazionali, cercando di descrivere le forti interconnessioni che esistono tra la situazione italiana e ciò che accade nel resto d’Europa e del mondo. Un capitolo attuale e importante riguarda infatti l’emergenza migratoria.
Sul fenomeni dei giovani “nuovi poveri”, il Rapporto evidenzia come «oggi la povertà sembra sempre più discostarsi da quel “modello italiano” che ha caratterizzato il nostro paese per diversi decenni. Una povertà, con dei connotati ben definiti e circoscritti, che si assimilava prevalentemente alle aree del Mezzogiorno, agli esclusi dal mondo del lavoro, agli anziani, alle famiglie numerose con 5 o più componenti, specie se con figli minori».
Oggi invece, come già evidenziato anche in precedenti rapporti di Caritas Italiana, accanto ad alcune situazioni che rimangono stabili, irrisolte e in molti casi aggravate, si evidenziano alcuni elementi inediti e in controtendenza.
Sul fronte dell’occupazione le famiglie maggiormente sfavorite sono quelle la cui la persona di riferimento è in cerca di un’occupazione (tra loro la percentuale di poveri sale al 19,8%). È netto anche per questi casi il peggioramento rispetto al periodo pre-crisi (si è passati da un’incidenza del 7,0% al 19,8%). Accanto a tali situazioni negli ultimi anni sembrano aggravarsi le difficoltà di chi può contare su un’occupazione, i cosiddetti working poor, magari sotto-occupati e/o a bassa remunerazione. Tra loro particolarmente preoccupante è la situazione delle famiglie di operai, per le quali la povertà sale all’11,7%.
Accanto all’occupazione un’altra variabile degna di attenzione è quella dell’età, per la quale si registrano numerosi elementi di novità e di “rottura” rispetto al passato. Oggi i dati Istat descrivono una povertà che potrebbe definirsi “inversamente proporzionale all’età”, che tende, cioè, a diminuire all’aumentare di quest’ultima.
Se si analizzano i dati disaggregati per classi si nota come l’incidenza più alta si registra proprio tra i minori, i giovani under 18, seguita dalla classe 18-34 anni; al contrario gli over 65, diversamente da quanto accadeva meno di un decennio fa, si attestano su livelli contenuti di disagio
Degli oltre 4,5 milioni di poveri totali, il 46,6% risulta under 34; in termini assoluti si tratta di 2 milioni 144 mila individui, dei quali 1 milione 131 mila minori.
Gli studi della Banca d’Italia evidenziano come, negli ultimi venti anni, i divari di ricchezza tra giovani e anziani (che riflettono anche il naturale processo di accumulazione dei risparmi lungo il ciclo di vita) si siano progressivamente ampliati.
In termini reali la ricchezza media delle famiglie con capofamiglia tra i 18 e i 34 anni è meno della metà di quella registrata nel 1995, mentre quella delle famiglie con capofamiglia con almeno 65 anni è aumentata di circa il 60%: il rapporto tra quest’ultima e quella dei più giovani è passato da meno dell’unità a oltre 3.
Ad aggiungere ulteriori elementi sul tema c’è anche il recente Rapporto McKinsey titolato “Poorer
thain their parents: a new perspective on income inequality”. Nello studio, oltre a denunciare una stagnazione e diminuzione dei redditi delle famiglie tra il 2005 e il 2014 (in 25 economie sviluppate), viene lanciato un allarme sull’attuale ribaltamento generazionale: oggi per la prima volta dal dopoguerra c’è il serio rischio che i figli “finiscano la loro vita più poveri dei loro padri”. E l’Italia si distingue come il Paese in cui tale sconvolgimento generazionale è più prorompente.
Altro cambio di tendenza che emerge dal Rapporto Caritas è che rispetto al genere il 2015 per la prima volta risulta esserci una sostanziale parità di presenze tra uomini (49,9%) e donne (50,1%), a fronte di una lunga e consolidata prevalenza del genere femminile.
Tra i beneficiari dell’ascolto e dell’accompagnamento prevalgono le persone coniugate (47,8%), seguite dai celibi o nubili (26,9%). Il titolo di studio più diffuso è la licenza media inferiore (41,4%); a seguire, la licenza elementare (16,8%) e la licenza di scuola media superiore (16,5%). I disoccupati e inoccupati insieme rappresentano il 60,8% del totale.
I bisogni o problemi più frequenti che hanno spinto a chiedere aiuto sono nella maggior parte dei casi di di ordine materiale; spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,2%); non trascurabili, tuttavia, anche i problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%).