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Carne e pesce spariscono dalle tavole degli italiani

Indagine Censis: crollano i consumi anche di frutta e verdura

Nel periodo 2007-2015 la spesa per la carne è scesa del 16,1%

ROMA – Sulle tavole degli italiani ci sono sempre meno carne e pesce, ma anche frutta e verdura non sono esenti dal taglio in dispensa. A certificarlo è l’ultima ricerca del Censis, dal titolo “Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando. Il valore sociale dell’alimento carne e le nuove disuguaglianze”.

Lo studio evidenzia come sono 16,6 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne mentre 10,6 milioni hanno scelto di ridurre il pesce, 3,6 milioni la frutta e 3,5 milioni la verdura.

«Con il minore consumo degli alimenti di base della buona dieta italiana, spesso sostituiti con prodotti artefatti e iper-elaborati a basso contenuto nutrizionale, si minaccia l’equilibrio delle diete quotidiane delle famiglie e si generano nuovi rischi per la salute» sottolinea il Censis.

La riduzione dei consumi di carne e pesce riguarda principalmente le famiglie meno abbienti: sono il 45,8% quelle a basso reddito che hanno fatto sparire dalle tavole i due alimenti contro il 32% di quelle benestanti.

Di carne bovina, il 52% delle prime e il 37,3% delle seconde. Per il pesce, il 35,8% delle meno abbienti e il 12,6% delle più ricche. Per la verdura, hanno ridotto il consumo il 15,9% delle famiglie a basso reddito e il 4,4% delle più abbienti. Per la frutta, il 16,3% delle meno abbienti e solo il 2,6% delle più ricche.

«Se nell’Italia del ceto medio vinceva la dieta equilibrata dal punto di vista nutrizionale disponibile per tutti, nell’Italia delle disuguaglianze il buon cibo lo acquista solo chi può permetterselo» spiega il Censis.

Nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare delle famiglie italiane è diminuita in media del 12,2% in termini reali. Ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupato del 28,9%.

Ecco spiegato il “food social gap”: nella crisi il divario nella spesa per il cibo dei più ricchi e dei meno abbienti si è ampliato. Meno potevi spendere per scegliere il buon cibo, più hai dovuto tagliare la spesa. Le differenze a tavola diventano distanze e ormai fratture: si mangia quel che ci si può permettere, e il dibattito ideologico sul valore nutritivo degli alimenti è fuorviante.

Se nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare è diminuita del 12,2%, quella per la carne è scesa del 16,1%. Nello stesso periodo in Europa solo i greci (-24%) hanno tagliato di più degli italiani (-23%) il consumo pro-capite annuo di carne bovina.

Queste riduzioni intaccano consumi di carne che in Italia erano già inferiori agli altri Paesi europei. Infatti, gli italiani si collocano al terz’ultimo posto in Europa per consumo «apparente» (cioè al lordo delle parti non edibili) delle diverse tipologie di carne (pollo, suino, bovino, ovino) con 79 kg pro-capite annui, distanti da danesi (109,8 kg), portoghesi (101 kg), spagnoli (99,5 kg) e anche francesi (85,8 kg) e tedeschi (86 kg).

«Le lancette della nostra società rischiano di tornare indietro alla tavola per ceti, quando l’accesso alla carne era il segno di un raggiunto status di benessere. La dieta italiana, fatta di quantità adeguate di cereali, carne, pesce, frutta e verdura, olio d’oliva, formaggi, legumi, che ci ha portato ad essere uno fra i popoli più longevi al mondo, con un’aspettativa di vita media di 85 anni per le donne e di 80 anni per gli uomini, rischia di sparire dal quotidiano delle nostre tavole» afferma ancora il Censis.

La riduzione del consumo di alimenti come carne, pesce, frutta e verdura minaccia dunque l’equilibrio nutrizionale della dieta delle famiglie italiane, a lungo considerata nel mondo un modello a cui ispirarsi perché fondamento del mangiare equilibrato.

E aumenta così il rischio di patologie. I tassi di obesità sono più alti nelle regioni con redditi inferiori e con una spesa alimentare in picchiata. Nel Sud, dove il reddito è inferiore del 24,2% rispetto al valore medio nazionale e la spesa alimentare è diminuita del 16,6% nel periodo 2007-2015, gli obesi e le persone in sovrappeso sono il 49,3% della popolazione, molto più che al Nord (42,1%) e al Centro (45%), dove i redditi medi sono più alti e la spesa alimentare ha registrato nella crisi una riduzione minore.

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