La Cgia: dall’Iva alle addizionali Irpef 55,3 miliardi nelle casse dell’erario
ROMA – Novembre, si sa, è il mese delle piogge ma quella che sta per cadere sugli italiani non è acqua bensì uno scroscio di tasse da pagare. Tra l’Iva, gli acconti Irpef, l’Irap, l’Ires, le addizionali Irpef e le ritenute di imposta l’erario incasserà 55,3 miliardi di euro.
Questo risultato, a cui è giunto l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, stima lo sforzo fiscale che le imprese, i lavoratori dipendenti e i possessori di altri redditi saranno chiamati a sostenere entro la fine di questo mese. Nell’analisi non sono stati conteggiati i contributi previdenziali che dovranno essere versati entro il prossimo 16 Novembre.
In Italia il gettito tributario (imposte, tasse e tributi), ricorda l’associazione, supera i 490 miliardi di euro l’anno. Questa cifra così importante affluisce nelle casse dell’erario rispettando una serie di scadenze fiscali che si concentrano prevalentemente tra novembre e dicembre e i mesi di giugno e luglio.
L’imposta più “impegnativa” da onorare entro questo mese sarà l’acconto Ires in capo alle società di capitali (Spa, Srl, Società cooperative, etc.).
Queste ultime pagheranno 14,6 miliardi di euro. L’Iva versata dai lavoratori autonomi e dalle imprese ammonterà a 12,8 miliardi di euro. I collaboratori e i lavoratori dipendenti, attraverso i rispettivi datori di lavoro, “daranno” al fisco le ritenute per un importo di 11,5 miliardi di euro.
L’acconto Irap, invece, costerà alle aziende ben 6 miliardi di euro, mentre le ritenute Irpef dei lavoratori autonomi e l’addizionale regionale Irpef “peserà” in entrambi i casi 1 miliardo di euro.
«Oltre all’eccessivo peso fiscale sul mondo delle imprese insiste un eccessivo numero di adempimenti burocratici che ostacola il lavoro di chi fa impresa. Secondo i dati pubblicati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la burocrazia costa al sistema delle Pmi italiane quasi 31 miliardi di euro all’anno. Sia chiaro, parte di quest’ultima è ineliminabile; tuttavia è necessario intervenire per rendere più semplice il rapporto tra la Pubblica amministrazione e le attività economiche» segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo.
Con troppe tasse e una burocrazia che non accenna a diminuire, la Cgia fa notare che anche i costi indiretti legati al pagamento delle imposte costituiscono un grosso problema.
«A causa di un sistema fiscale ancora troppo frammentato nel nostro Paese sono necessari 30 giorni lavorativi per pagare le tasse. In altre parole, tra le code agli sportelli, il tempo perso per recarsi dal commercialista, per compilare moduli, registri e schede, le imprese italiane impiegano 240 ore all’anno per onorare gli impegni con il fisco. Nell’eurozona solo gli sloveni subiscono un disagio superiore al nostro» aggiunge Zabeo.
Se in Slovenia, infatti, sono necessari 31 giorni di tempo per pagare le tasse, in Italia e in Portogallo i giorni scendono a 30. Tale soglia si abbassa a 27 in Germania, a 19 in Spagna, a 17 in Francia e addirittura a 10 in Irlanda. La media dell’area euro è di 19 giorni.
«Con un fisco più semplice anche l’amministrazione finanziaria potrebbe lavorare meglio ed essere più efficiente nel contrastare gli evasori/elusori fiscali. La selva di leggi, decreti e circolari esplicative presenti nel nostro ordinamento tributario, invece, complica la vita anche agli operatori del fisco che, comunque, continuano ad essere uno dei settori più virtuosi della nostra Pubblica amministrazione» conclude il Segretario della Cgia, Renato Mason.