Le aspettative improbabili del fronte anti Gentiloni


Il commento sulla soluzione della crisi di Governo

Il neo premier Gentiloni e Mattarella (foto www.quirinale.it)

ROMA – Fanno sorridere i commenti di molti che, aspettandosi dal risultato referendario un cambio politico immediato nella compagine governativa ben oltre le dimissioni del Presidente del Consiglio, oggi sono delusi per come è formato il Governo Gentiloni.

Bisogno di polemica a parte, non si capisce perché attenti osservatori e acuti commentatori fatichino a capire come il referendum, nel nostro ordinamento costituzionale, rappresenti uno strumento difficile da utilizzare e sostanzialmente di ultima istanza.

Uno strumento i cui esiti sono destinati ad agire nel profondo, quasi mai in superficie e immediatamente.

Destinati più a formare coscienze e consapevolezze, sopire illusioni, piuttosto che a far trarre conseguenze immediate se non quelle di stabilire chi ha perso e chi ha vinto.

Il referendum non ha cambiato la maggioranza parlamentare. Non ha “chiuso” il Pd. Il Presidente della Repubblica non poteva che prendere atto delle volontà del premier uscente e tenere conto delle indicazioni del partito di maggioranza. Gentiloni a Palazzo Chigi è il risultato.

Queste sono le regole del gioco. Piacciano o non piacciano. Poi, ora ripartono i giochi della politica.

Il problema c’è ed è grosso perché la politica purtroppo si incarica sempre di più di scaldare i cuori e grattare le pance invece di far maturare consapevolezze, coscienze, idee.

Finiamo per ritrovarci così in un gigantesco reality in cui sfuggono possibilità concrete, priorità, responsabilità collettive.

Bisognerebbe che qualcuno raccontasse un nuovo storytelling di un patto tra generazioni per formare una nuova classe dirigente che torni a ragionare sul futuro del Paese. È facile ritenere che non andrebbe oltre il 3%…ma tentare potrebbe non nuocere!