Gli artigiani di Mestre: sono lo 0,3% del monte ore complessivo nazionale del lavoro dipendente
ROMA – La crescita dell’utilizzo dei voucher per le prestazioni lavorative è finita nelle ultime settimane al centro del dibattito sul mercato del lavoro.
Il Governo, attraverso il ministro Poletti, ha sottolineato che sono allo studio misure per diminuire la propensione all’utilizzo dei buoni da 10 euro da parte dei datori.
Tra le ipotesi circolate a fine anno, un nuovo abbassamento del tetto annuo a 5mila euro massimi cumulabili. Ma anche la riduzione a poche prestazioni e categorie di lavoratori oltre a più controlli e sanzioni inasprite a chi abusa dei voucher.
Sul tema interviene la Cgia di Mestre snocciolando cifre che ridimensionano, e di molto, la portata del fenomeno. Nel 2015, ultimo dato disponibile, l’incidenza delle ore lavorate con i voucher è stata pari ad appena lo 0,3% del monte ore complessivo nazionale del lavoro dipendente.
Una percentuale insignificante, quella denunciata dall’Ufficio studi della Cgia, a fronte della demonizzazione alimentata nei confronti della modalità di pagamento per il lavoro occasionale e accessorio.
Nel 2015 buoni-lavoro per 1,3 milioni di lavoratori
A fronte di 29 miliardi di ore lavorate nel 2015 da tutti i lavoratori dipendenti presenti in Italia, si stima che 1,3 milioni di persone circa siano state impiegate con i voucher per un numero di buoni-lavoro riscossi pari a 88 milioni.
Quelli venduti, invece, ammontano a poco più di 115 milioni. In confronto al dato complessivo delle ore lavorate, emerge che l’incidenza dell’utilizzo dei voucher sul monte ore complessivo a livello nazionale è pari allo 0,31%. Sale allo 0,47% nel Nordest, si allinea al dato medio nazionale nel Nordovest e scende allo 0,25% nel Centro per attestarsi allo 0,21% nel Mezzogiorno.
Gli 1,3 milioni di lavoratori che nel 2015 sono stati impiegati in piccole attività occasionali con i voucher a che categorie appartengono?
Secondo i dati Inps-Veneto Lavoro, il 29% (quasi 400.000) erano lavoratori occupati presso imprese private del settore non agricolo. Un altro 23% era costituito da ex occupati (circa 320.000), mentre un 18% (circa 250.000) era composto da persone percettrici di Aspi, MiniAspi o di Cig.
Il 14% era costituito da giovani (190.000), l’8%, infine, in entrambi i casi sia da pensionati (circa 110.000) sia da lavoratori domestici/autonomi (sempre circa 111.000).
«I voucher erano stati concepiti dal legislatore per far emergere i piccoli lavori in nero. Obiettivo, purtroppo, non ancora raggiunto. Se in alcuni settori è evidente che c’è stato un utilizzo del tutto ingiustificato di questo strumento, paradossalmente il fallimento dei voucher non è ascrivibile al loro abuso» afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo.
«Semmai al loro scarso utilizzo in particolar modo al Sud, dove la disoccupazione è molto elevata e l’abusivismo e il sommerso hanno dimensioni molto preoccupanti. Eliminarli, quindi, sarebbe un errore. Vanno, invece, incentivati, limitandone l’utilizzo nei settori ad alto rischio infortunistico come l’edilizia, i trasporti, il metalmeccanico e il legno» aggiunge.
La classifica delle regioni che utilizzano più voucher
In base ai dati regionali, infatti, l’incidenza delle ore lavorate con i voucher sul monte ore complessivo è nettamente inferiore alla media nazionale in Calabria (0,13%), in Sicilia (0,12%), nel Lazio e in Campania (entrambe allo 0,11%).
Regioni, queste ultime, che hanno un tasso di disoccupazione che in alcuni casi supera il 20% e un’incidenza dell’economia sommersa dovuta al lavoro irregolare sul valore aggiunto regionale pari al doppio del dato medio registrato nel Nord.
Tra le realtà che ne hanno fatto un maggiore utilizzo, invece, figurano il Friuli Venezia Giulia (0,60%), le Marche (0,58%), la Sardegna (0,49%), l’Emila Romagna (0,47%) e il Veneto (0,46%).
I settori che utilizzano di più i voucher
Il 60,7% per cento dei buoni-lavoro utilizzati nel 2015 (pari a 53,4 milioni di tagliandi su un totale di 88 milioni di voucher riscossi) sono stati “consumati” dal terziario.
In particolare nel settore degli alberghi-ristorazione (26,6%), commercio (12,8%) servizi alle imprese (7,7%), servizi sociali (4,4%), sanità (3,1%) e trasporti (2,3%).
Nel settore manifatturiero, invece, l’incidenza sul totale delle ore lavorate ha toccato il 12,4% (pari a 10,8 milioni di voucher riscossi). L’utilizzo più importante è stato registrato nel comparto metalmeccanico (4%).
Decisamente più contenuto il ricorso ai buoni-lavoro realizzato dalle imprese del settore delle costruzioni (2,4% del totale pari a 2,1 milioni di voucher) e dell’agricoltura (1,8% del totale pari a 1,5 milioni di buoni).
Da non trascurare, infine, il ricorso ai buoni-lavoro da parte di artigiani e commercianti senza dipendenti. Questi lavoratori indipendenti ne hanno utilizzati 4,8 milioni (5,5%).
«In attesa di conoscere i dati relativi agli effetti registrati dopo l’introduzione della tracciabilità prima di riformare questo strumento è indispensabile che la politica adotti un sistema di rilevazione serio in grado di fotografare correttamente questa realtà. I risultati di questa nostra analisi sono nettamente in contrasto con le tesi sostenute da molti addetti ai lavori che vorrebbero eliminare definitivamente i voucher. Posizioni, purtroppo, che si basano su pregiudizi di carattere ideologico che con la realtà evidenziata dai numeri hanno poco a che fare» dichiara il segretario della Cgia, Renato Mason.