Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il provvedimento che difende il “made in Italy”
ROMA – Circa 1,7 milioni tra mucche, pecore e capre possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, burro, formaggi e yogurt.
Dopo lo storico via libera all’indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari, è arrivata infatti la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.15 del 19 gennaio 2017 del decreto.
Il testo si occupa di “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda.
Il provvedimento pone finalmente fine all’inganno del falso “made in Italy” con tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia che sono stranieri.
Così come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, senza che questo sia stato fino ad ora riportato in etichetta.
Per il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, «il provvedimento che abbiamo fortemente sostenuto rappresenta un importante segnale di cambiamento a livello nazionale e comunitario».
«Il via libera – aggiunge – risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani. Secondo la consultazione pubblica on line del Ministero delle politiche agricole, in più di 9 casi su 10, considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%). Mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione».
Cosa troveremo nelle etichette del latte
Il provvedimento riguarda l’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari e prevede l’utilizzo in etichetta delle seguenti diciture:
a) “Paese di mungitura”: nome del Paese nel quale è stato munto il latte.
b) “Paese di condizionamento o di trasformazione”: nome del Paese nel quale il latte è stato condizionato o trasformato.
Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato o trasformato, nello stesso Paese, l’indicazione di origine può essere assolta con l’utilizzo della seguente dicitura: “origine del latte”: nome del Paese.
Se invece le operazioni indicate avvengono nel territorio di più Paesi membri dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate le seguenti diciture: “latte di Paesi UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato o trasformato in Paesi UE” per l’operazione di condizionamento o di trasformazione.
Infine, qualora le operazioni avvengano nel territorio di più Paesi situati al di fuori dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate le seguenti diciture: «latte di Paesi non UE» per l’operazione di mungitura, «latte condizionato o trasformato in Paesi non UE» per l’operazione di condizionamento o di trasformazione. Per le violazioni si applicano le sanzioni di cui all’art. 4, comma 10, della legge 3/2/2011, n. 4.
Come si è arrivati all’indicazione di origine obbligatoria
Il provvedimento è scaturito dalla “guerra” scatenata lo scorso danno dalla Coldiretti contro le speculazioni insostenibili sui prezzi alla stalla. Battaglia che sta portando ad un sostanziale aumento dei compensi riconosciuti agli allevatori senza oneri per i consumatori.
Il provvedimento entrerà in vigore pienamente dopo novanta giorni dalla pubblicazione avvenuta il 19 gennaio anche se sarà possibile, per un periodo non superiore a 180 giorni, smaltire le scorte delle confezioni con il sistema di etichettatura precedente.
L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004.
«Il prossimo passo – conclude la Coldiretti – è l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nella pasta come previsto nello schema di decreto già inviato alla Commissione Europea».