Nel 2016 il settore ha visto aumentare del 13% il numero di imprese
ROMA – Il cibo di strada, o “street food”, da fenomeno di tendenza diventa solida realtà economica. E sono sempre di più gli imprenditori che guardano con interesse a un settore che vede tre italiani su quattro consumare cibo di strada.
Ora infatti la moda si è trasformata in occasione di sviluppo. Nel 2016 sono cresciute del 13% le imprese italiane della ristorazione “on the road”. Hanno superato quota 2.200 e si concentrano in Lombardia, Puglia e Lazio secondo un’elaborazione Coldiretti su dati Unioncamere.
Ma il cibo di strada ha trionfato anche a Sigep, il 38° salone internazionale della gelateria, pasticceria, panificazione e caffè che si chiude oggi a Rimini.
Nella città romagnola era presente anche Sara Pratesi, anima di StreetFoody, un progetto innovativo dedicato ai food trucker italiani.
Pratesi è anche esperta di un settore che comincia a vedere proposte sempre più diversificate e strutturate in cui per emergere non si può lasciare nulla al caso.
«Il cibo di strada è un business che attira tanti imprenditori perché con un investimento contenuto si aprono grandi opportunità» spiega.
«Per iniziare può bastare anche un piccolo Ape Car e l’attività comporta costi molto ridotti rispetto ai ristoranti tradizionali. Ma non si può improvvisare. La concorrenza è spietata e il pubblico è esigente. Per distinguersi e ingranare vanno curati progettazione e allestimento, con un business plan di ferro e un ottimo marketing, soprattutto in fase di avvio della start-up» aggiunge.
Le brutte sorprese si evitano solo affidandosi a partner esperti. Il progetto StreetFoody è uno di questi.
Per prima cosa, si deve individuare un’idea forte di base. E qui StreetFoody ha l’occhio lungo sui trend di maggiore successo.
«Le tradizioni regionali italiane sono e saranno sempre apprezzate dal pubblico. Puntare su ingredienti e piatti tipici, espressione autentica di un territorio, è sempre un’ottima mossa di partenza» sottolinea Pratesi.
«La proposta può essere anche semplice, ma la parola d’ordine dev’essere qualità. Se non si valorizzano le eccellenze del Made in Italy, i clienti non perdonano».
Via libera, dunque, alle mille declinazioni del cibo di strada all’italiana, in particolare per quanto riguarda i fritti, le focacce, i panini imbottiti.
E chi vuole puntare, invece, sulla creatività? «L’innovazione può sposarsi molto bene con la tradizione –prosegue -. Ci sono alcuni filoni che si prestano bene a portare novità anche nelle ricette tipiche. A Sigep abbiamo visto rivisitazioni molto interessanti in chiave vegetariana, vegana e anche gluten free, per posizionarsi su nicchie di mercato sempre più importanti. E poi la selezione accurata di ingredienti bio fa la differenza».