Tra carburante, tasse e assicurazioni i tassisti italiani pagano più degli altri colleghi in Europa
ROMA – I costi di gestione dei taxi italiani sono più elevati rispetto alla media dei Paesi dell’Area euro. Il gasolio per autotrazione, ad esempio, costa in Italia il 13,4% in più. Il peso del fisco (ovvero le imposte, le tasse ed i tributi sul Pil) è superiore di oltre 4 punti percentuali.
L’Rc auto è più alta del 57%. Infine, l’aumento medio del listino prezzi delle autovetture nuove registrato nel nostro Paese tra il 2007 (anno pre-crisi) e il 2016 è stato del 14,4%. Un incremento decisamente superiore a quelli avvenuti nei principali Paesi che utilizzano l’euro.
A denunciarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha preso in esame le 4 principali voci di spesa che gravano sull’attività di un proprietario di taxi.
I risultati sono impietosi, soprattutto quando la comparazione avviene con la Germania. I tassisti italiani pagano 0,207 euro in più un litro di gasolio rispetto ai colleghi tedeschi. Ma anche 6,8 punti percentuali in più di tasse e 136 euro in più all’anno per assicurare l’automezzo.
Per gli artigiani di Mestre questi dati servono a spiegare soprattutto il costo delle corse in taxi nel nostro Paese. Il confronto con l’Europa, infatti, chiarisce alcune elaborazioni apparse nelle settimane scorse che comparavano le tariffe medie delle corse nelle principali città europee. “Senza analisi dei costi, hanno poco senso” spiega la Cgia.
Oggi intanto il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, incontrerà nuovamente le organizzazioni dei tassisti per gettare le basi sui due decreti del settore taxi. In merito alle motivazioni che, invece, hanno portato la categoria a protestare duramente contro il cosiddetto “emendamento Lanzillotta”, arriva il commento del coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo.
“Riteniamo che tutti i processi di liberalizzazione dovrebbero avere come obiettivo quello di ridurre i costi a carico dei consumatori e migliorare le condizioni generali di mercato. In queste ultime settimane, invece, ci è parso di capire che la deregolamentazione che alcuni parlamentari della maggioranza volevano introdurre per decreto nel settore del trasporto pubblico non di linea avesse come obiettivo quello di colpire una categoria che non gode dei favori dell’opinione pubblica” spiega.
“Premesso che i taxi non temono alcuna forma di apertura del mercato, purché avvenga con il coinvolgimento di tutti gli operatori del settore, è possibile che i problemi dell’economia italiana siano i tassisti, i proprietari dei chioschi lungo le spiagge o gli ambulanti? È vero che da qualche parte bisogna pur cominciare, ma perché iniziare dalla coda se è palese a tutti che per rendere questo Paese più moderno bisognerebbe intervenire con maggior determinazione sulle assicurazioni, sulle banche, sulle autostrade e sul settore energetico?” conclude Zabeo.