Malattia di Dupuytren: addio alla chirurgia, basta un’iniezione


Novemila persone in Italia soffrono di questa patologia invalidante, che deforma le mani

In Italia sono quasi 9.000 le persone che soffrono della malattia di Dupuytren

ROMA – Perché sottoporsi a un intervento chirurgico se la terapia più efficace è una semplice iniezione? La risposta è che molti pazienti affetti dalla malattia di Dupuytren non sanno di potersi sottoporre al trattamento con collagenasi, disponibile anche in Italia. “Dopo circa un mese dalla somministrazione del farmaco si raggiunge la riduzione della contrattura in circa l’80% dei casi; in particolare nell’86% dei casi con contrattura moderata e nel 75% dei casi con contrattura severa. A tre mesi dal trattamento il successo è stato raggiunto complessivamente nell’80% dei casi”, spiega il Prof. Giuseppe Giudice, Direttore dell’U.O.C. di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva e Centro Grandi Ustionati dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bari.

Che cos’è la malattia di Dupuytren

In Italia sono quasi 9.000 le persone che soffrono della malattia di Dupuytren, una patologia cronica e invalidante che colpisce maggiormente i maschi dai 50 ai 70 anni e che rappresenta la causa più comune di deformità della mano. I sintomi iniziali sono un nodulo fibroso sul palmo della mano e una flessione graduale di uno o più dita, che diventa permanente e progressiva e che nel 65% dei casi è bilaterale.

Era il 1831 quando il barone Guillaume Dupuytren, chirurgo francese e medico di Napoleone, notò nelle mani del proprio cocchiere una particolare forma di retrazione permanente delle dita. Nonostante siano trascorsi più di 180 anni dalla sua prima descrizione, le cause sono ancora sconosciute e oggetto di studio da parte del mondo accademico: si ipotizzano fattori genetici, metabolici, meccanici e farmacologici. Studi epidemiologici indicano che esiste una predisposizione genetica: la patologia sembra avere origini e maggiore frequenza nel Nord Europa, tanto da essere chiamata anche “malattia dei vichinghi”.

Nel centro di Bari diretto dal professor Giudice sono stati trattati circa 50 casi ogni anno. “Fino a pochi anni fa la terapia di base era quella chirurgica, che oggi è diventata secondaria, spesso inutile e non risolutiva”, spiega l’esperto. “Dal 2013, invece, viene utilizzata una sostanza chiamata collagenasi di Clostridium histolyticum, un enzima che, somministrato in ospedale dallo specialista, mediante iniezione nella zona interessata, permette di rompere il cordone fibroso, ripristinando una maggiore estensione del dito e la normale funzionalità della mano in tempi brevi”.

“Ormai la chirurgia si usa solo nelle forme più gravi, caratterizzate da una marcata flessione delle dita, ma è comunque associata a un elevato tasso di recidiva”, continua il professore. L’iter terapeutico con collagenasi, invece, dura solo 24 ore e si può effettuare in Day Service: prevede l’infiltrazione del farmaco da parte dello specialista e la trazione/rottura del cordone retraente il giorno successivo, il tutto in pochi minuti e con anestesia locale.