Per il Codacons “serve a poco. Necessario inserire la provenienza delle materie prime”
ROMA – Nelle etichette dei generi alimentari torna l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento. La novità, come spiega il Ministero delle Politiche Agricole, è contenuta nello schema di decreto attuativo che ha ottenuto il via libera del Consiglio dei Ministri.
L’obbligo per i produttori di indicare nelle etichette lo stabilimento era già sancito dalla legge italiana, ma è stato abrogato in seguito al riordino della normativa europea in materia di etichettatura alimentare.
L’Italia ha stabilito la sua reintroduzione per garantire, oltre a una corretta e completa informazione al consumatore, una migliore e immediata rintracciabilità degli alimenti da parte degli organi di controllo e, di conseguenza, una più efficace tutela della salute.
Lo schema di decreto ora passerà alle Commissioni agricoltura di Camera e Senato per i relativi pareri. La legge di delega affida la competenza per il controllo del rispetto della norma e l’applicazione delle eventuali sanzioni all’Ispettorato repressione frodi (Icqrf).
Il provvedimento prevede un periodo transitorio di 180 giorni, per lo smaltimento delle etichette già stampate, e fino a esaurimento dei prodotti etichettati prima dell’entrata in vigore del decreto ma già immessi in commercio.
Al Codacons, però, non basta la reintroduzione dell’obbligo di indicare in etichetta lo stabilimento di produzione o confezionamento dei prodotti alimentari.
“Ai consumatori una simile misura servirà a poco o nulla” spiega il presidente Carlo Rienzi. “L’indicazione del luogo di produzione, infatti, non fornisce adeguate informazioni ai consumatori al momento dell’acquisto relativamente all’origine delle materie prime contenute nel prodotto. Un alimento può essere realizzato e confezionato in Italia, ma le sue materie possono provenire tutte da Paesi esteri” aggiunge.
“Ciò che realmente serve è obbligare i produttori ad indicare nelle etichette l’origine delle materie prime per tutti gli alimenti in commercio in Italia. Solo così sarà possibile fornire adeguate garanzie di trasparenza agli utenti e consentire loro di evitare inganni e raggiri e fare acquisti in piena consapevolezza” conclude Rienzi.