I dati e le curiosità del rapporto Istat diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua
ROMA – Il 9,4% delle famiglie italiane nel 2016 ha lamentato irregolarità sull’erogazione di acqua nelle proprie abitazioni con picchi in Calabria (37,5%) e in Sicilia (29,3%). Una famiglia italiana su tre dichiara di non fidarsi a bere acqua di rubinetto.
Nel 2015, in Italia la spesa media mensile per l’acquisto di acqua minerale è risultata pari a 10,27 euro, in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente. Nello stesso anno la spesa media mensile per servizi di ‘acqua e condominio’ nelle abitazioni si è attestata a 58,20 euro, dopo aver segnato un incremento continuo e molto significativo dal 2001 (complessivamente +114%) e in forte accelerazione negli ultimi cinque anni (+44%).
La spesa media mensile per la fornitura di acqua connessa all’abitazione nel 2015 è pari a 13,39 euro, l’1,9% in più rispetto al 2014.
Sono solo alcuni dei dati sul rapporto tra gli italiani e l’oro blu diffusi dall’Istat in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dall’Onu, che si celebra oggi.
Ecco in sintesi alcuni dei dati più significativi del rapporto tra l’Italia, gli italiani e le risorse idriche.
- Risorse idriche rinnovabili. A livello nazionale, nel periodo 2001-2010 si è mediamente registrato un aumento di circa il 6% della quantità rispetto ai trent’anni precedenti (1971-2000).
- Le precipitazioni. La media totale nel periodo 2001-2010 è superiore dell’1,8% al valore del trentennio 1971-2000. Il deflusso totale medio complessivo a mare dei corsi d’acqua e delle acque sotterranee è stato, in media annua, di 123 miliardi di metri cubi nel decennio 2001-2010, in leggero aumento (+6%) rispetto al trentennio 1971-2000 (116 miliardi di metri cubi). Negli anni 2001-2010 l’evapotraspirazione reale, ovvero l’acqua che si trasferisce dal suolo all’atmosfera sia per evaporazione che per traspirazione delle piante, corrisponde al 60,5% delle precipitazioni (64,6% nel periodo 1971-2000).
- I ghiacciai alpini. A partire dagli anni ’80 sono in graduale regresso, culminato nel 2007 con il 99% dei ghiacciai monitorati in ritiro, quota che è ridiscesa nel 2014 all’88%. Dei circa 250 km3 di ghiaccio presenti sulle Alpi al culmine della Piccola età glaciale (Anni 1820-1850) ne restavano circa 150 km3 negli anni ‘70 e soltanto 80 km3 nel 2011. Il ghiaccio perso sull’arco alpino dagli anni ’80 a oggi corrisponde, in termini di volume d’acqua, a circa quattro volte la capacità del Lago Maggiore.
- I prelievi di acqua. Quelli effettuati nel 2012 (anno di riferimento nel rapporto Istat) sono stati destinati per il 46,8% all’irrigazione delle coltivazioni, per il 27,8% a usi civili, per il 17,8% a usi industriali, per il 4,7 % alla produzione di energia termoelettrica e per il restante 2,9% alla zootecnia.
- Acqua potabile. Il volume erogato agli utenti delle reti di distribuzione dei comuni capoluogo di provincia nel 2015 è stato di 1,63 chilometri cubi (circa dieci volte la capacità massima dell’invaso del Vajont). Corrisponde a un consumo giornaliero di 245 litri per abitante (23 litri in meno rispetto al 2012).
- La perdita nelle reti di distribuzione. Nel 2015 è andato disperso il 38,2% nei comuni capoluogo di provincia (dal 35,6% del 2012), non raggiungendo pertanto gli utenti finali. La perdita giornaliera reale, al netto degli errori di misurazione e degli allacciamenti abusivi, ammonta a circa 50 m3 per ciascun chilometro delle reti di distribuzione. Un volume che, stimando un consumo medio di 89 metri cubi annui per abitante, soddisferebbe le esigenze idriche di un anno di 10,4 milioni persone.
- Le capitali dello spreco. Dispersioni particolarmente elevate (oltre il 60%) si riscontrano a Latina, Frosinone, Campobasso, Potenza, Vibo Valentia, Tempio Pausania e Iglesias. Dispersioni inferiori al 15% si rilevano soltanto a Pavia, Monza, Mantova, Udine, Pordenone, Macerata, Foggia e Lanusei. Roma, Milano e Bari si caratterizzano per i valori più alti persi giornalmente per utenza, compresi tra 2,1 e 2,3 m3. Di contro, Trento e Ancona con 0,2 m3 persi giornalmente per utenza, presentano il valore più basso dell’indicatore tra i comuni capoluogo di regione.
- Le acque balneabili. Nel 2015 risultano balneabili oltre due terzi delle coste italiane (67,2%). Il restante 32,8% si trova in zone destinate a specifiche attività che ne escludono la balneabilità, oppure presenta rischi per motivi igienico-sanitari o di sicurezza. Il 91,9% delle acque di balneazione vanta una qualità eccellente nel 2015, in significativo miglioramento rispetto al 2013 (85,8%). La quota più elevata si registra in Puglia (99,4 da 85,4% del 2013), la più bassa in Abruzzo (59,6% da 53,2% del 2013). In tutte le regioni è balneabile più della metà della linea litoranea, con una incidenza massima in Basilicata (92,5%) e minima in Liguria (58,7%).