Il commento degli artigiani di Mestre ai dati della relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva
ROMA – L’evasione fiscale e contributiva in Italia nel 2014 ammonta a 111,6 miliardi di euro, con un aumento di 1,8 miliardi (+1,7% rispetto al 2013). Il dato emerge dalla relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva presentata da Enrico Giovannini nell’audizione alla commissione sull’Anagrafe tributaria.
L’incremento, specifica la relazione aggiornata, deriva per 844 milioni dall’evasione fiscale (+0,8% rispetto al 2013) e per un miliardo dall’evasione contributiva (+9,8% rispetto al 2013). Nel triennio 2012-2014, la propensione all’evasione aumenta inoltre dal 23,6% al 24,8%.
“I dati presentati da Giovannini ci autorizzano a sostenere che l’Italia è un popolo di evasori fiscali?” si è chiesta la Cgia di Mestre.
“Assolutamente no” è la risposta del coordinatore dell’Ufficio studi degli artigiani di Mestre, Paolo Zabeo.
“Anche perché i 110 miliardi di evasione fiscale e contributiva denunciati quest’oggi sono pressoché stabili da almeno 10 anni. Nello stesso periodo l’Amministrazione finanziaria ha visto aumentare notevolmente il numero di strumenti a disposizione per contrastare chi evade il fisco” aggiunge.
“Adesso ci sono tutte le condizioni affinché l’evasione venga contrastata e ricondotta a dimensioni più accettabili, favorendo coloro che non vogliono e non possono evadere le tasse. Ovvero, la stragrande maggioranza dei contribuenti italiani” afferma il segretario della Cgia, Renato Mason.
Le dodici armi del fisco per combattere l’evasione
Per Zabeo “ci sono ancora moltissime persone completamente sconosciute al fisco che continuano a nascondere quote importanti di valore aggiunto. Non dimentichiamo, poi, il mancato gettito imputabile alle manovre elusive delle grandi imprese, delle multinazionali del web e alla fuga di alcuni grandi istituti bancari e assicurativi che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio per pagare meno tasse”.
Con l’abolizione del segreto bancario avvenuto il 31 Marzo 2016, la Cgia ha individuato almeno una dozzina di provvedimenti che attualmente sono a disposizione del fisco per contrastare efficacemente l’evasione. Ecco l’elenco:
- Abolizione del segreto bancario.
- Studi di settore.
- Blitz contro la mancata emissione di scontrini e ricevute.
- Redditometro.
- Spesometro.
- 117 (il numero di pubblica utilità della Guardia di Finanza).
- Serpico (super cervellone che registra decine di migliaia di informazioni al secondo per mettere a confronto dichiarazioni dei redditi, polizze assicurative, informazioni del catasto, del demanio, della motorizzazione, etc.).
- Metodologie di controllo delle Pmi e dei lavoratori autonomi.
- Limite all’utilizzo dei contanti fino a 3.000 euro.
- Utilizzo del Pos per le transazioni commerciali.
- Fattura elettronica.
- Reverse charge.
Lavoratori autonomi furbetti del fisco? La Cgia contesta i dati
Secondo le tabelle presentate da Giovannini, inoltre, dei 110 miliardi di euro di evasione stimata in Italia, una quota importante sarebbe riconducibile ai lavoratori autonomi/imprenditori.
Secondo queste tabelle (Fonte: MEF – Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale contributiva – del 28-10-2016 ), l’evasione Irpef degli autonomi ammonterebbe al 59%. Una quota che l’Ufficio studi della Cgia contesta pesantemente.
“Rispetto alla stima calcolata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ottenuta dalla differenza del gettito Irpef potenziale con quello reale i dati relativi alle ultime dichiarazioni dei redditi degli autonomi riferiti al 2014 ci dicono che, mediamente, i soggetti sottoposti agli studi di settore che sono congrui e coerenti (pari al 76%) hanno dichiarato 42.000 euro. Ebbene, se l’evasione Irpef ammontasse al 59%, queste attività dovrebbero dichiarare mediamente più del doppio. Una situazione, viste le difficoltà del nostro Paese, pressoché impossibile” afferma Zabeo.
Ma non è tutto perché dalla Cgia ricordano che i dati Istat relativi al 2015 sulla povertà delle famiglie italiane (“Condizioni di vita e reddito” pubblicato il 6 dicembre 2016), quelle con il reddito familiare principale da lavoro autonomo presentano un livello di rischio più elevato di tutte le altre. Se quelle da lavoro autonomo presentano un rischio povertà del 25,8%, quelle dei pensionati scendono al 21% e quelle da lavoro dipendente al 15,5%.
“In altre parole – conclude Zabeo – se l’evasione degli autonomi fosse così elevata come sostiene il MEF, come si giustificano questi dati dell’Istat sulla povertà delle famiglie dei lavoratori autonomi?”.
Infine, la Cgia contesta anche la tesi sostenuta da Giovannini in cui i controlli sulle attività economiche da parte del fisco sarebbero insufficienti. Oltre ai 280.000 accertamenti effettuati l’anno scorso, si sono aggiunti 500.000 controlli strumentali della Guardia di Finanza (su scontrini, ricevute e documenti di trasporto). Ma anche oltre 530.000 richieste di chiarimenti effettuate dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti in possesso di partite Iva.