Il primo atto è una lettera inviata alla ministra Lorenzin per chiedere l’inserimento di queste patologie nell’elenco delle malattie rare
MONZA – Le quattro malattie autoimmuni del fegato hanno finalmente un’associazione dedicata. Per l’epatite autoimmune, la colangite biliare primitiva, la colangite sclerosante primitiva e la colangite IgG4-positiva è nata lo scorso 18 marzo AMAF Monza Onlus. La sede sarà presso l’ospedale S. Gerardo, il centro più ampio ed attivo a livello nazionale e internazionale, dove opera l’équipe di riferimento dell’associazione, quella del prof. Pietro Invernizzi.
AMAF Monza Onlus, guidata dal presidente Davide Salvioni e dalle socie fondatrici Valentina Bertellini e Alessandra Moscioni, è nata al termine del congresso “2nd Liver Immunology Meeting”, organizzato da Invernizzi in collaborazione con l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) e la Società Italiana di Immunologia Clinica e Allergologia (SIICA).
A margine del meeting, lo staff dei medici ha incontrato i pazienti in un’aula dell’Università Bicocca di Milano. “Una partecipazione straordinaria: più di 120 pazienti provenienti persino dal Sud Italia e dalle Isole”, racconta Salvioni. “L’associazione, che ha l’obiettivo di tutelare e dare assistenza ai malati, ha per ora circa 70 soci e 300 simpatizzanti: stiamo lavorando per completare il sito web, ci proponiamo di promuovere uno sportello medico-paziente, e nel nostro piccolo sostenere la ricerca scientifica”.
Proprio in questi giorni il primo atto ufficiale dell’associazione: una lettera al Ministro della Salute Lorenzin, sottoscritta insieme ad altre associazioni scientifiche epatologiche, gastroenterologiche e di volontariato, per chiedere l’inserimento delle malattie autoimmuni del fegato nell’elenco delle malattie rare. Al momento, infatti, solo una di queste, la colangite sclerosante primitiva, ne fa parte.
Il percorso del presidente è simile a quello degli altri malati: nessun sintomo fino a quando non si fanno le analisi del sangue, scoprendo che i valori del fegato sono sballati.
“È iniziato un periodo di smarrimento, caratterizzato da esami approfonditi, dieta ferrea e lunghe ricerche su internet, fino all’autodiagnosi: ho capito che si trattava di colangite biliare primitiva (CBP). Un’ipotesi poi confermata dal prof. Invernizzi: così, finalmente, mi sono sentito rincuorato e ho potuto iniziare la terapia”, racconta Davide Salvioni.
“Sono tra i fortunati che rispondono all’acido ursodesossicolico, un farmaco orale che dovrò assumere per tutta la vita. Ora, dopo un anno, tollero bene il trattamento, non ho effetti collaterali, e soprattutto i valori del fegato sono tornati nella norma”.
“La direzione dell’ospedale e la comunità medica ha da subito sostenuto e incoraggiato AMAF Monza Onlus”, spiega il prof. Pietro Invernizzi, professore associato di Gastroenterologia e responsabile dell’U.O.C. di Gastroenterologia del S. Gerardo di Monza e del programma per le Malattie Autoimmuni del Fegato presso l’International Center for Digestive Health dell’Università di Milano-Bicocca.
Il suo è il centro più ampio ed attivo a livello nazionale per le malattie autoimmuni del fegato, con oltre 800 pazienti, 400 dei quali con colangite biliare primitiva (CBP), 200-250 con epatite autoimmune e 200-250 con colangite sclerosante primitiva, per una media di 4-8 nuovi pazienti la settimana.
Il S. Gerardo è stato appena inserito nella Rete di Riferimento Europea ERN Rare Liver. “Una Rete che riunisce 28 centri in Europa, fra cui tre italiani: il nostro, il San Paolo di Milano e l’Azienda Ospedaliera di Padova”, sottolinea il prof. Invernizzi. “Si tratta di strutture con una comprovata attività clinico-scientifica ed un alto numero di pazienti, che hanno dovuto superare delle rigorose selezioni a livello nazionale ed europeo”.
L’ERN Rare Liver, presentata ufficialmente proprio ieri all’International Liver Congress di Amsterdam, si occuperà di 12 malattie rare del fegato, fra le quali le quattro patologie autoimmuni, la malattia di Wilson e il deficit di alfa-1-antitripsina.
Una Rete che formalmente è appena nata, ma in realtà poggia le sue fondamenta su un network europeo sulle malattie autoimmuni già esistente, che può contare su registri e biobanche.
Per Invernizzi uno dei punti essenziali dovrà essere il coinvolgimento dei pazienti; infatti all’interno della ERN Rare Liver è già stato eletto un rappresentante che curerà questo aspetto e che è una figura obbligatoria per tutte le Reti: “Il ruolo del paziente deve essere fondamentale in tutti percorsi di crescita, compresi – a livello nazionale – i PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali), che non potranno continuare ad essere scritti solo dai medici”.
Un altro problema da risolvere (che è proprio lo spirito per cui sono nate le Reti ERN) è quello del “pendolarismo della salute”: il caso del S. Gerardo è emblematico, con pazienti provenienti da ogni regione italiana a causa della carenza di strutture in grado di gestire queste patologie, in particolare nel Centro-Sud.
“Il mio obiettivo, anche se può sembrare assurdo, è avere solo una decina di pazienti”, conclude Invernizzi. “Questo vorrebbe dire che tutti sono in grado di ricevere le migliori cure vicino al luogo in cui vivono”.