AIDEPI: “Sì alla trasparenza ma disorienta il consumatore”. La Confederazione: “Servirà a smascherare gli inganni”
ROMA – Presto sulle confezioni di pasta vendute in Italia l’etichetta indicherà l’origine della materia prima. Oggi, infatti, è stato compiuto il secondo passo in questa direzione con l’avvio della procedura formale di notifica a Bruxelles dei decreti dai Ministri delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda.
I pastai italiani di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) in una nota spiegano che “negli ultimi 5 mesi, l’industria della pasta non è stata informata di eventuali evoluzioni del decreto. Per questo, se non ci sono state modifiche di cui i produttori di pasta non sono al corrente, ribadiamo le nostre perplessità nei confronti di questo provvedimento”.
I pastai italiani sono favorevoli all’indicazione di origine del grano in etichetta e alla trasparenza verso il consumatore. “Ma la formula scelta, invece di aiutare il consumatore a fare scelte consapevoli, lo disorienta e confonde. Si vuole far credere che la pasta italiana è solo quella fatta con il grano italiano o che la pasta è di buona qualità solo se viene prodotta utilizzando materia prima nazionale. Non è vero” spiega AIDEPI.
“L’origine da sola non è infatti sinonimo di qualità. Inoltre non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano di qualità con gli standard richiesti dai pastai. Sono per questo inaccettabili i commenti di chi vuole strumentalizzare questo decreto affermando che permetterebbe di smascherare un inganno” prosegue la nota di AIDEPI.
“Così si scredita l’operato di tutte le aziende italiane che da sempre producono pasta di qualità nel rispetto della legge e senza ingannare il consumatore, hanno promosso campagne per incentivare la produzione in Italia di grano duro di qualità, adoperandosi con responsabilità perché il lavoro degli agricoltori sia remunerato adeguatamente” conclude l’associazione dei pastai italiani.
Coldiretti: “Sì a elementi determinanti per le scelte dei consumatori”
Di tutt’altro tenore le affermazioni della Coldiretti, secondo la quale “finalmente sarà possibile smascherare l’inganno di un pacco di pasta su tre fatto con grano straniero senza indicazione”.
“Come pure per un pacco di riso su quattro dopo il boom delle importazioni da Paesi asiatici come il Vietnam che ha aumentato le proprio esportazioni di riso in Italia del 346% nel 2016” afferma il presidente Roberto Moncalvo.
“L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero made in Italy” ha precisato Moncalvo.
“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti”. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004.
“Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma – continua la Confederazione – l’etichetta non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi al concentrato di pomodoro ai sughi pronti, dai succhi di frutta fino alla carne di coniglio. Con l’etichettatura di origine obbligatoria anche per la pasta e per il riso si realizza un passo determinante nella direzione della trasparenza dell’informazione ai consumatori”.