Al porto di Bari la protesta degli agricoltori della Coldiretti
BARI – Al porto di Bari la prima battaglia della guerra del grano con un migliaio di agricoltori che hanno lasciato sin dalle prime luci dell’alba le campagne con i loro trattori. Meta finale il porto del capoluogo pugliese, divenuto purtroppo negli ultimi anni il vero ‘granaio d’Italia’, principale varco di accesso del grano straniero da “spacciare” come italiano, perché non è ancora obbligatorio indicarne l’origine nella pasta.
A far scoppiare la #guerradelgrano è l’arrivo di una nave cargo proveniente da Vancouver, in Canada, carica di 50mila tonnellate di grano da scaricare in Italia proprio alla vigilia della raccolta della produzione nazionale.
“Un oltraggio insopportabile per i coltivatori italiani che non riescono a vendere al giusto prezzo il proprio grano sotto l’attacco proprio in questo momento delle speculazioni che hanno praticamente dimezzato le quotazioni su valori più bassi di 30 anni fa con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro e il rischio desertificazione per quasi 2 milioni di ettari, il 15% della superficie agricola nazionale” spiega la Coldiretti, che ha organizzato la protesta.
“Ci vogliono cinque chili di grano per un caffe”, “No grano no pane”, “Stop alle speculazioni”, “Il giusto pane quotidiano”, “Basta inganni subito l’etichetta di origine del grano sulla pasta” sono alcuni slogan dei manifestanti che denunciano le importazioni massicce e incontrollate di “grano giramondo”.
“La speculazione sul grano mette in pericolo la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione made in Italy” spiega la Confederazione.
L’Italia è il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 5,1 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a circa 1,4 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia, Sicilia, Marche e Basilicata.
Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori sotto i costi di produzione ha provocato praticamente la decimazione delle semine in Italia con un crollo del 7,3% per un totale di 100mila ettari coltivati in meno che peseranno sulla produzione di vera pasta italiana nel 2017, oltre che sull’ambiente, sull’economia e sul lavoro delle aree interne del Paese.
La situazione per la coltura più diffusa in Italia è difficile sull’intero territorio nazionale con la riduzione delle semine che varia dal -11,6 % nel Nord-Est al -5,4% nel Centro mentre nel Sud e Isole si registra un -7,4% che desta molta preoccupazione se si considera che la coltivazione è concentrata prevalentemente nel meridione.
“Una situazione drammatica determinata dal crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che nella campagna 2016 sono praticamente dimezzati per effetto delle speculazioni e della concorrenza sleale” denuncia ancora la Coldiretti.
“Con queste quotazioni non si può sopravvivere” ha affermato il presidente della Confederazione, Roberto Moncalvo.
“C’è il rischio concreto di alimentare un circolo vizioso che, se adesso provoca la delocalizzazione degli acquisti del grano, domani toccherà gli impianti industriali di produzione della pasta con la perdita di un sistema produttivo che genera ricchezza, occupazione e salvaguardia ambientale” ha aggiunto.
La conseguenze è che ormai un pacco di pasta imbustato in Italia su tre è fatto con grano straniero senza alcuna indicazione per i consumatori.
Sono ben 2,3 milioni le tonnellate di grano duro che sono arrivate lo scorso anno dall’estero quasi la metà delle quali proprio dal Canada che peraltro ha fatto registrare nel 2017 un ulteriore aumento del 15% secondo le analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi due mesi del 2017.
“Una realtà che – sostiene la Coldiretti – rischia di essere favorita dall’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che prevede l’azzeramento strutturale dei dazi indipendentemente dagli andamenti di mercato”.
“Un pericolo anche per i consumatori con i cereali stranieri risultati irregolari per il contenuto di pesticidi che sono praticamente il triplo di quelli nazionali a conferma della maggiore qualità e sicurezza del made in Italy, sulla base del rapporto sul controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti divulgato l’8 giugno 2017 dal Ministero della Salute” aggiunge la Confederazione.
“I campioni risultati irregolari – sottolinea la Coldiretti – per un contenuto fuori legge di pesticidi sono pari allo 0,8% ne caso di cereali stranieri mentre la percentuale scende ad appena lo 0,3% nel caso di quelli di produzione nazionale. Peraltro in alcuni Paesi terzi vengono utilizzati principi attivi vietati in Italia come proprio nel caso del Canada dove viene fatto un uso intensivo del glifosato proprio nella fase di pre-raccolta per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato che è stato vietato in Italia dal 22 agosto 2016 con entrata in vigore del decreto del Ministero della Salute perché accusato di essere cancerogeno”.