Dal food agli occhiali di design
Dal Nord al Sud si moltiplicano le piantagioni del bambù gigante perché costa poco, si adatta ad ogni clima e si presta ad oltre 1500 usi contribuendo ad abbattere le emissioni nocive e combattere il dissesto idrogeologico.
MILANO – Dal food alla produzione di mobili, dal make up ai filati, passando per la realizzazione di occhiali, orologi e oggetti di design: sono più di 1500 le applicazioni commerciali e industriali del bambù gigante, ben oltre la cultura asiatica. Un business che ha attecchito facilmente in Italia, dove pochi anni fa è nato il Consorzio Bambù Italia.
Non tutti sanno, infatti, che questa pianta è in grado di sopravvivere a condizioni atmosferiche delle più variegate, dal caldo umido del Sud Est asiatico fino a 20 gradi sottozero e oltre 1000 metri sopra il livello del mare. Ma è nel clima mediterraneo che il bambù gigante trova un ambiente pressoché ideale. Motivo per cui l’Italia sta cominciando a ricoprirsi di bambuseti, da Nord a Sud. E in tempi rapidi: un germoglio, infatti, completa la crescita in 40 – 60 giorni con una crescita superiore talvolta ad un metro in un anno. Anche se ci vogliono alcuni anni affinché la pianta raggiunga la sua completa maturazione. Il bambù gigante, infatti, può raggiungere anche i 25 metri d’altezza.
Nel 2014 l’intuizione di Fabrizio Pecci, che oggi dirige il Consorzio. Assieme ad uno dei maggiori esperti cinesi del settore, Pecci ha selezionato alcune varietà di bambù, a partire dal gigante Moso.
Dopo un primo esperimento nella propria azienda agricola, nel riminese, ha deciso che valeva la pena allargare lo sguardo e la prospettiva. E’ nato così il Consorzio Bambù Italia e Vivai OnlyMoso, che fornisce piante certificate e stringe accordi per la raccolta di canne, germogli e rizomi, fornendo assistenza specializzata ai coltivatori. E’ qui che si trova “l’incubatore” di bambù, dove ogni pianta viene coccolata e monitorata da una trentina di esperti.
Ad oggi in tutta Italia si contano circa 1.500 ettari di bambù, tra cui una piantagione a 1.200 metri di altitudine, in provincia di Bolzano. Ma le richieste sono continue e in costante crescita. Perché non occorrono grandi appezzamenti, né grandi cure: con un investimento di 15mila euro per ettaro se ne possono ricavare quasi 40.000 l’anno. Tra germogli, fusti e fogliame, infatti, tutto è “monetizzabile” da parte dell’industria alimentare, nel design fino alle costruzioni.
Con ricadute positive su tutto il sistema: un ettaro di bambù arriva a produrre ossigeno come un intero bosco, è capace di drenare la pioggia e contrastare il dissesto idrogeologico, resiste agli incendi. E non necessita interventi con erbicidi o pesticidi.