Secondo l’analisi dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro nella ricerca di settore appena presentata in Calabria, in cima alla classifica delle regioni che hanno perso più posti di lavoro dal 2008 al 2015 si trovano: la Sicilia (con il 9% di occupati in meno), la Sardegna, la Puglia e il Molise (con il 7% di occupati in meno rispetto al 2008).
La Calabria è la regione italiana maggiormente colpita in termini percentuali dalla perdita di posti di lavoro: una emorragia di ben 67 mila occupati (da 579mila occupati nel 2008 a 512 mila nel 2016) che ha determinato una perdita del 12% di occupati rispetto al 2008. In questa speciale classifica, dopo la Calabria, troviamo al secondo posto la Sicilia (134 mila) con il 9% di occupati in meno e al terzo la Sardegna (44 mila), Puglia (89 mila) e Molise (8 mila) con il 7% di occupati in meno rispetto al 2008. A questa difficoltà i calabresi hanno risposto con intraprendenza decidendo, da un lato, di affacciarsi alla libera professione e, dall’altro, di ricercare lavoro stabile in altre regioni italiane o stati esteri.
Ancora la valigia di cartone, la storia continua…
Sono soprattutto i giovani, scolarizzati e con una qualifica professionale, che si spostano alla ricerca di un lavoro. Questi gli ulteriori dati processati dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro nella ricerca “Il lavoro dove c’è” – confrontando rapporti statistici di recente pubblicazione inerenti l’efficienza del mercato del lavoro, l’evoluzione occupazionale e la mobilità degli italiani – e presentati a Villa San Giovanni (RC) in occasione del meeting dei Giovani Consulenti del Lavoro del Sud Italia dal 22 al 24 giugno.
Un’emigrazione emorragica acutizzata da una fantapolitica
Durante i lunghi otto anni di crisi economica ed occupazionale (dal 2008 al 2015), 383.190 persone delle regioni del Mezzogiorno hanno trasferito la residenza in altre regioni d’Italia. Di questi 160 mila sono campani, 73 mila siciliani e altrettanti pugliesi, ai quali si aggiungono 54 mila calabresi. Tra le regioni di destinazione preferite troviamo, ad esempio, la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Lazio e la Toscana. A questi si aggiungono poi coloro i quali hanno preferito Paesi esteri. Per questi ultimi la nazione di riferimento resta la Germania seguita, quanto meno fino alla Brexit, dal Regno Unito.
Lieve crescita occupazionale a Crotone, Vibo Valentia, e Catanzaro
In questo quadro di evidente difficoltà per l’occupazione regionale, così come nella maggior parte delle regioni italiane, dal 2015 si assiste ad un miglioramento della domanda e dell’offerta di lavoro. Sono più di 2 mila i posti di lavoro creati negli ultimi mesi, in gran parte per effetto della decontribuzione messa in atto dal Governo. E la Calabria, confrontata con regioni più solide economicamente come Abruzzo e Marche, raggiunge risultati migliori. Rispetto a questa lieve crescita, però, la Calabria non si presenta come una regione unita: nelle province di Reggio Calabria e di Cosenza tra il 2015 ed il 2016 il tasso di occupazione continua a calare, cresce invece nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro e Crotone.
I giovani non cercano lavoro e sono quelli non scolarizzati
In ogni caso, nonostante questo segnale di ripartenza, la Calabria è attualmente chiamata con forza a migliorare le istituzioni che regolano il mercato del lavoro, visto il forte ritardo riscontrato ed il crescente numero di persone scoraggiate – soprattutto donne e giovani non scolarizzati – che non cercano lavoro. Si tratta di un fenomeno sociale diffuso e che contribuisce ad alimentare il lavoro nero ed illegale. Al tempo stesso, il segnale di ripresa occupazionale dovrebbe spingere le imprese calabresi a trovare sul proprio territorio quelle competenze tecniche e professionali. Per far ciò è doveroso un buon sistema scolastico e universitario, capace di formare i ragazzi e dotarli di quelle competenze di cui il mercato del lavoro locale ha bisogno.