La Fondazione Consulenti del Lavoro ha analizzato il nuovo strumento per il lavoro accessorio
ROMA – Il dopo voucher si chiama Contratto di prestazione occasionale. Uno strumento nato dopo che il D.L. n. 25/2017, convertito in Legge 20 aprile 2017 n. 20, ha abrogato, dal 17 marzo 2017, la disciplina del lavoro accessorio così come contenuta nel Capo VI del D. Lgs. n. 81/2015.
Il medesimo decreto ha però consentito, fino al 31/12/2017, l’utilizzo dei voucher già acquistati preventivamente alla data di entrata in vigore della norma.
Per superare il vuoto normativo che si è venuto a creare con la sparizione dei voucher, è stata pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 del 23 giugno 2017, la Legge n. 96 del 21 giugno 2017, di conversione del Decreto Legge n. 50/2017 con le disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo, all’interno della quale con l’art. 54–bis si disciplinano due nuovi strumenti per sostituire i “vecchi voucher”: uno per le famiglie, il libretto di famiglia, e uno per le aziende.
Il nuovo contratto di prestazione occasionale (PrestO) che, al di là dell’ “assonanza”, nulla ha a che fare con quanto disciplinato dall’art. 2222 cod. civ. anzi ben se ne discosta, richiama espressamente al D. Lgs. n. 66/2003 che regolamenta “i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi all’organizzazione dell’orario di lavoro” applicabile non certo al lavoro autonomo.
Così, dopo la pubblicazione della circolare INPS n. 107 del 5 luglio 2017 e della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 81/E del 3 luglio 2017 riportanti le causali da indicare nel modello F24 per il versamento del contributo per le prestazioni di lavoro occasionale, per rendere definitivamente operativo il nuovo strumento contrattuale si attende solo la piattaforma on-line INPS con la quale interloquire con l’istituto.
Il Contratto di prestazione occasionale: i limiti
La normativa prevede la possibilità da parte dell’utilizzatore diverso dalla famiglia, ovvero nell’esercizio dell’attività professionale di impresa nonché le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c.2, D. Lgs. n. 165/2001 (per queste e per le imprese del settore agricolo con precipue regolamentazioni), di acquisire prestazioni di lavoro occasionali o saltuarie di ridotta entità nel corso di un anno civile entro i seguenti limiti:
- per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro;
- per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro. Ai fini del presente limite, il comma 8 dell’art. 54-bis evidenzia che debbono essere o computati in misura pari al 75% del loro importo i compensi per prestazioni di lavoro occasionali rese dai seguenti soggetti: titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità; giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado ovvero a un ciclo di studi presso l’università; persone disoccupate, ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n.150; percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione (REI) ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito. Nella pratica ciò sta a significare che un’ora di lavoro svolta da quelle particolari categorie di soggetti, come sopra richiamati, dovrà essere computata, al fine del raggiungimento del limite massimo per l’utilizzatore, nella misura non inferiore a 6,75€. Va da sé che dovrà essere valorizzato nella misura intera per i limiti di cui alle lettere a) e c). In tal caso l’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno del reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni occasionali.
- per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore, a compensi di importo non superiore a 2.500 euro. Al limite massimo di compenso previsto dalla lettera c) va ad aggiungersi anche quello disciplinato dal comma 20 dell’art. 54-bis ovvero un tetto di durata della prestazione pari a 280 ore nell’arco dello stesso anno civile. La conseguenza, nel caso di superamento di anche uno solo dei due limiti indicati, sarà la trasformazione del rapporto di prestazione occasionale in rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato.
I compensi percepiti dal prestatore sono esenti da imposizione fiscale, non incidono sul suo stato di disoccupato e sono computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.
La norma dispone che non possono essere acquisite prestazioni di lavoro occasionali rese da soggetti con i quali l’utilizzatore abbia in corso o abbia cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa. Deve però rilevarsi che la legge non dispone quale potrebbe essere la conseguenza della violazione di tale precetto da parte dell’utilizzatore. Nulla, infatti, viene previsto nel comma 20 che disciplina nel complesso l’apparato sanzionatorio.
Al prestatore di lavoro occasionale dovrà esser garantita la tutela in materia di sicurezza sul lavoro nonché il diritto al riposo giornaliero (11 ore di riposo continuativo nell’arco delle 24 ore), alle pause (un pausa di almeno 10 minuti qualora la durata della prestazione ecceda il limite di 6 ore), al riposo settimanale (due periodi di riposo di almeno 24 ore consecutive all’interno di un periodo di 14 giorni, da cumulare con le ore di riposo giornaliero).
Il nodo dei cinque dipendenti a tempo indeterminato
Per gli utilizzatori, imprese o professionisti, sarà consentito ricorrere al contratto di prestazione occasionale solo se il numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato non è superiore a cinque. Al fine del computo dei lavoratori la nuova normativa non specifica, però, come essi dovranno essere conteggiati. Ci si riferisce evidentemente ai lavoratori part-time per i quali, come prescritto dall’art. 9 D. Lgs. n. 81/2015, ai fini della applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale, per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, i lavoratori a tempo parziale devono essere computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno. Si ricorda, poi, che il lavoratore intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.
In aggiunta si evidenzia che, per espressa previsione del c. 3 dell’art. 47 D. Lgs. n. 81/2015, i contratti di apprendistato, pure essendo a tempo indeterminato, sono esclusi dai limiti numerici previsti da leggi per l’applicazione di particolari normative o istituti. Pertanto, stante il carattere di specialità che pare rivestire la norma in commento, si ritiene di poter escludere dalla base di computo i lavoratori apprendisti. A supporto di tale tesi si rammenta che ove il Legislatore ha ritenuto di dover includere gli apprendisti nell’organico aziendale, lo ha sempre esplicitato come ad esempio nel caso dell’art. 20 c. 1 D. Lgs. n. 148/2015: “…abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti, inclusi gli apprendisti…”.
Per completezza la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro riporta il difforme pensiero dell’INPS che, con la circolare n. 107/2017, ritiene invece che gli apprendisti cumulino al fine della determinazione del limite dei cinque dipendenti oltre il quale è fatto divieto di utilizzare le prestazioni di lavoro occasionale disciplinate dall’art. 54-bis. L’Istituto previdenziale rileva, inoltre, nella medesima circolare, che il computo dei lavoratori deve effettuarsi osservando l’organico medio all’interno del semestre. Difformemente dal tenore letterale della norma però la medesima circolare evidenzia, richiamando un mera necessità procedurale, come la decorrenza del semestre, da computarsi a ritroso, sia da collocare al terzo mese antecedente la data dello svolgimento della prestazione lavorativa occasionale.
Tale interpretazione si discosta completamente, oltre che dalla norma, la quale non individua una specifica metodologia di calcolo, anche dal consolidato orientamento giurisprudenziale il quale ricorda come occorra rifarsi, in tutti i casi in cui sia necessario determinare l’organico aziendale, al criterio della normale occupazione quale risultante dall’organigramma aziendale nel periodo antecedente alla data del fatto da osservare (Cass. 1298/1996 e Cass. 13274/2003). L’effetto che si avrebbe, osservando le indicazioni dell’Istituto, sarebbe quello di non consentire l’utilizzo dei PrestO ad un’azienda che, ad esempio, fino ai tre mesi antecedenti la resa della prestazione occasionale aveva in forza 6 dipendenti a tempo indeterminato, i quali si sono dimessi nel corso dei medesimi 3 mesi antecedenti. Seguendo il predetto criterio, l’azienda avrebbe paradossalmente ancora 6 dipendenti, pur essendo la reale forza aziendale pari a 0.
Quanto costano i nuovi Contratti alle aziende
La misura minima oraria del compenso è pari a 9 euro tranne nel settore agricolo, per il quale il compenso minimo è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nello specifico, per questo settore, la retribuzione oraria minima sarà: area 1: 7,52€, area 2: 6,94€, area 3: 6,52€.
Sono interamente a carico dell’utilizzatore la contribuzione alla Gestione separata nella misura del 33% del compenso (2,97 euro) e il premio per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nella misura del 3,5% del compenso. (0,32 euro). Complessivamente il costo orario risulta essere pari a 12,29€. Sul complessivo dei versamenti sono dovuti gli oneri diversi di gestione pari all’ 1%.
Come si attiva il nuovo PrestO
Per l’accesso alle prestazioni, gli utilizzatori e i prestatori sono tenuti a registrarsi e a svolgere i relativi adempimenti, anche tramite un intermediario di cui alla legge 11 gennaio 1979, n. 12, all’interno di un’apposita piattaforma informatica, gestita dall’INPS, denominata “piattaforma informatica INPS”. Ai fini dell’attivazione del contratto di prestazione occasionale, ciascun utilizzatore versa, attraverso la piattaforma informatica INPS, le somme utilizzabili per compensare le prestazioni. L’utilizzatore, diverso dalla famiglia, è tenuto a trasmettere almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione, attraverso la suddetta piattaforma informatica ovvero avvalendosi dei servizi di contact center messi a disposizione dall’INPS, una dichiarazione contenente le seguenti informazioni:
- i dati anagrafici e identificativi del prestatore;
- il luogo di svolgimento della prestazione;
- l’oggetto della prestazione;
- la data e l’ora di inizio e di termine della prestazione ovvero, se imprenditore agricolo, la durata della prestazione con riferimento a un arco temporale non superiore a tre giorni;
- il compenso pattuito per la prestazione, in misura non inferiore a 36 euro, per prestazioni di durata non superiore a quattro ore continuative nell’arco della giornata, fatto salvo quanto stabilito per il settore agricolo.
Tale ultima indicazione individua il limite minimo di compenso in caso di prestazioni, in una giornata, non superiori alle quattro ore ma certamente non individua il limite massimo giornaliero di durata della prestazione. Infatti, se così fosse, non si comprenderebbe perché il prestatore dovrebbe rispettare le pause e il riposo giornaliero come imposto dal comma 3 del art. 54-bis. Conformemente al tenore letterale della norma anche la circolare Inps già richiamata indica che, qualora la prestazione giornaliera sia di durata inferiore a quattro ore e la misura oraria minima del compenso sia pari a 9 euro (c. 16 art. 54-bis), l’importo del compenso giornaliero non può essere inferiore alla misura minima fissata per la remunerazione di quattro ore lavorative ovvero 36 euro.
“Tale conclusione, pur comprendendone la finalità antielusiva, pare contrastare con i generali precetti contenuti nell’art. 36 Cost. allorquando viene richiamata la quantità di lavoro prestato per commisurare la giusta retribuzione. Nello specifico, il lavoratore part-time verrebbe retribuito in funzione strettamente della quantità di lavoro prestato mentre il prestatore di lavoro occasionale come disciplinato dall’art.54-bis avrebbe comunque un minino garantito ancorché lavorasse, ad esempio, anche solo tre ore” spiega la Fondazione.
Con la circolare del 5 luglio 2017 l’Istituto previdenziale rende noto anche un’ulteriore prassi operativa. Terminata la prestazione, o meglio entro le ore 24.00 del terzo giorno successivo a quello di svolgimento dell’attività lavorativa, l’utilizzatore può procedere a confermare, tramite apposita funzionalità della procedura telematica, l’effettuazione della prestazione. Qualora ciò non avvenga entro i termini indicati la stessa sarà ritenuta svolta.
È pertanto evidente che questo ulteriore adempimento potrebbe, in caso di prestazione resa secondo le previsioni delle parti, non essere adempiuto in quanto il mero trascorrere del tempo renderebbe irrevocabile la comunicazione effettuata. Sempre entro il medesimo termine, in caso di eventi di carattere straordinario (es. indisponibilità sopravvenuta del prestatore), l’utilizzatore può inoltrare la revoca della dichiarazione inviata. In assenza, come nel caso precedente, la prestazione si considererà svolta e l’Inps procederà ad erogare il compenso pattuito al prestatore accreditando altresì le quote contributive e valorizzando la posizione assicurativa.
Codici tributo F24
Con risoluzione n. 81/E del 3 luglio 2017 l’Agenzia delle Entrate è intervenuta per dare riscontro all’Inps che, con le note prot. n. 187228 del 16 giugno 2017 e n. 190849 del 26 giugno 2017 ha richiesto l’istituzione delle causali contributo per il versamento delle somme dovute per prestazioni di lavoro occasionale, di cui all’articolo 54-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, introdotto dalla legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96.
Sono pertanto stati introdotti i seguenti codici tributo da utilizzare nei modelli di pagamento “F24 Versamenti con elementi identificativi” (F24 ELIDE) e “F24 Enti pubblici” (F24 EP):
- “LIFA” denominata “Finanziamento del Libretto Famiglia per l’accesso a prestazioni di lavoro occasionale (LF);
- “CLOC” denominata “Finanziamento del contratto di lavoro occasionale (CPO). La compilazione del modello F24 Elide dovrà essere effettuata nel seguente modo: nella sezione “CONTRIBUENTE” si dovrà indicare il codice fiscale e i dati anagrafici del soggetto che effettua il versamento. Nella sezione “ERARIO ED ALTRO” si dovranno indicare: nel campo “tipo” la lettera “I” (INPS); nel campo “elementi identificativi” nessun valore; nel campo “codice” la causale contributo “LIFA” o “CLOC”; nel campo “anno di riferimento” l’anno in cui si effettua il pagamento nel formato “AAAA”.
L’Inps chiarisce nella circolare 107 del 5 luglio 2017 che è esclusa la facoltà di compensazione dei crediti, di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Al fine di poter ricorrere alle prestazioni di lavoro occasionali è necessario che l’utilizzatore (LF o CPO) abbia preventivamente alimentato il proprio portafoglio telematico attraverso il versamento, con le modalità descritte, della provvista destinata a finanziare l’erogazione del compenso al prestatore, l’assolvimento degli oneri di assicurazione sociale ed i costi di gestione delle attività.
Tale modalità richiama quanto era già previsto per i voucher (prestazioni accessorie) telematici e impone all’utilizzatore di effettuare con alcuni giorni di anticipo il versamento in modo che possa essere disponibile l’importo, permettendo all’utilizzatore di poter ricorrere a tale strumento (CPO o LF).
“Questa modalità operativa non sembra creare difficoltà per le prestazioni di lavoro occasionali prevedibili con giorni di anticipo, ma pare in contrasto con la ratio della norma volta a gestire prestazioni che risentono di esigenze di occasionalità e di urgenza” afferma la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Similmente anche il sistema di pagamento del compenso al prestatore che verrà pagato dall’INPS entro il giorno 15 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione, a fronte di attività lavorative presumibilmente di breve durata, non si allinea con le esigenze di flessibilità della norma. Se si considera anche il caso di prestazioni a cavallo di due mesi, per le quali l’Istituto ha chiarito che il pagamento del compenso avverrà il mese successivo alla data finale dell’arco temporale indicato, i tempi di attesa per il prestatore risulterebbero essere molto lunghi.
Le sanzioni previste
In caso di superamento del limite di importo indicato al comma 1 lettera c) (2.500€ per prestazioni rese da un singolo prestatore in favore di un singolo utilizzatore) o comunque del limite di durata delle prestazioni pari a 280 ore nell’arco dello stesso anno civile, il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
In caso di violazione dell’obbligo di comunicazione ovvero di uno dei divieti previsti (divieto di utilizzo per utilizzatori con più di 5 dipendenti a tempo indeterminato nell’ambito degli appalti di opere o servizi, nell’edilizia e settori affini), si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.500 per ogni prestazione lavorativa giornaliera per cui risulta accertata la violazione e la sanzione non è diffidabile.
La Fondazione Studi evidenzia come l’apparato sanzionatorio della L. n. 96/2017 nulla disponga in caso di violazione del limite di compensi, con riferimento alla totalità dei prestatori, superiori a 5.000€ nel corso di un anno civile. L’INPS, inoltre, nella predetta circolare, in raccordo con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, chiarisce che verranno posti in essere controlli automatici sulle revoche delle comunicazioni di prestazioni inserite in procedura, sulla base di indicatori di rischio calcolati in funzione della frequenza di ricorso alla revoca della dichiarazione da parte dell’utilizzatore. A fronte di una prestazione di lavoro che risulti effettivamente svolta, l’avvenuta revoca della dichiarazione preventiva da parte dell’utilizzatore determina l’applicazione delle sanzioni in materia di lavoro nero.