Lo afferma il Codacons che attacca Pd e Forza Italia: “Pensioni e privilegi non sono diritti acquisiti, la Corte Costituzionale si è già espressa in merito”
ROMA – Addio vitalizi per gli ex parlamentari: ieri è arrivato il via libera della Camera dei deputati al ddl Richetti che applica il metodo contributivo ai vitalizi degli ex parlamentari.
Hanno votato a favore 348 deputati, 17 i contrari e 28 gli astenuti. Il disegno di legge in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali ora approderà al Senato. Intanto a Montecitorio, prima e dopo il voto, diversi esponenti di Pd e Forza Italia hanno posto l’accento sulla presunta incostituzionalità del provvedimento.
“Pensioni, vitalizi e privilegi economici, pur essendo diritti acquisiti, non sono intoccabili” tuona però il Codacons, che ricorda come la Corte Costituzionale si sia già espressa in tal senso.
“Da Pd e Forza Italia abbiamo assistito ad una sceneggiata inutile, in cui si tira in ballo la presunta incostituzionalità di provvedimenti normativi che tagliano pensioni e vitalizi dei parlamentari” spiega il presidente, Carlo Rienzi.
“Peccato che la Consulta abbia più volte affermato che spetta al legislatore stabilire la misura dei trattamenti pensionistici ed eventuali variazioni, purché si rispetti il criterio della ragionevolezza, che non pare proprio venga meno nella proposta di legge del deputato Pd Matteo Richetti” aggiunge.
“Ci chiediamo come mai questi soloni della giustizia che siedono in Parlamento non abbiano protestato con la stessa solerzia quando sono state tagliate le pensioni degli italiani e gli stipendi dei dipendenti pubblici, anch’essi diritti acquisiti al pari dei vitalizi della casta politica” afferma ancora Rienzi.
La più recente sentenza sul tema è la n. 316 emessa dalla Corte Costituzionale nel 2010, che cita altre sentenze precedenti di analogo avviso e che afferma testualmente:
“Spetta, infatti, al legislatore, sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali, dettare la disciplina di un adeguato trattamento pensionistico, alla stregua delle risorse finanziarie attingibili e fatta salva la garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona (per tutte, sentenza n. 30 del 2004). Esigenze, queste, che il livello economico dei trattamenti previsti dalla norma impugnata non scalfisce, per i suoi effetti limitati al 2008.
Quanto poi all’irragionevole sperequazione ascritta dal giudice rimettente all’intervento normativo censurato, questa Corte – proprio nell’affrontare un’analoga questione di legittimità costituzionale riguardante altra norma (art. 59, comma 13, della legge n. 449 del 1997) che pure escludeva per un anno (1998) la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici allora superiori a cinque volte il minimo INPS – ha ribadito che «appartiene alla discrezionalità del legislatore, col solo limite della palese irrazionalità, stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e le variazioni dell’ammontare delle prestazioni, attraverso un bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto, accanto alle esigenze di vita dei beneficiari, anche delle concrete disponibilità finanziarie e delle esigenze di bilancio» (ordinanza n. 256 del 2001; nello stesso senso, sentenza n. 372 del 1998). Allo stesso modo, anche in questo caso dev’essere riconosciuta al legislatore – all’interno di un disegno complessivo di razionalizzazione della precedente riforma previdenziale – la libertà di adottare misure, come quella denunciata, di concorso solidaristico al finanziamento di un riassetto progressivo delle pensioni di anzianità, onde riequilibrare il sistema a costo invariato”.