Nel mirino la decisione dell’organizzazione non governativa di non firmare il documento del Viminale
ROMA – Il Codice di condotta per le Organizzazioni non governative (ONG) impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare continua a far discutere.
Ieri in un incontro al Viminale sono state nuovamente rappresentate le ragioni che hanno ispirato la redazione del Codice, la posizione pienamente concorde di tutti i Paesi dell’Unione già espressa a Tallinn e l’intesa con la Commissione che ha seguito la redazione e la messa a punto del documento.
In particolare, hanno sottoscritto il documento Migrant offshore aid station (Moas) e Save the children, mentre Proactiva open arms ha fatto pervenire una comunicazione con la quale ha annunciato la volontà di sottoscrivere l’accordo.
L’organizzazione Médecins sans frontiere (Medici senza Frontiere) ha consegnato invece una lettera diretta al ministro Minniti, con la quale, nel prendere atto dell’esemplare ruolo svolto dall’Italia, ha messo in luce che i principi umanitari di indipendenza, imparzialità e neutralità non hanno consentito la firma assieme alle altre organizzazioni. Ciò nonostante hanno ritenuto liberamente di adeguarsi alla gran parte dei principi del Codice da loro condivisi. Non hanno preso parte: Sea watch, Sea eye, Association europeenne de sauvetage en mer (Sos mediterranee), mentre Jugent Rettet non ha firmato.
Il Viminale ha fatto presente che l’adesione avrebbe consentito di essere parte di un sistema istituzionale finalizzato al soccorso in mare, all’accoglienza e alla lotta al traffico degli esseri umani, senza in nessun modo interferire nei principi fondanti le singole organizzazioni.
“L’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse. In una condizione diversa, saranno invece parte integrante le ONG che hanno sottoscritto il Codice” spiega il Ministero dell’Interno.
Perché Medici senza Frontiere non ha firmato il Codice di condotta per le ONG
Come riferisce l’agenzia Dire (www.dire.it) parlando ai microfoni di Skytg24, il direttore di Medici senza frontiere, Gabriele Eminente, spiega: “Il nostro auspicio era che questo Codice di condotta avesse un vestito un po’ diverso. Avremmo voluto che fosse ben chiaro che un Codice di Condotta deve essere innanzitutto finalizzato al potenziamento delle attività di ricerca e soccorso. Avremmo voluto un richiamo più esplicito ai principi umanitari che sono i principi a cui si ispirano Medici senza Frontiere e le altre organizzazioni che lavorano in quel contesto”.
“C’è poi un altro tema – continua – che per noi è molto importante, ovvero che nella versione che ci è stata proposta comunque ancora esiste la previsione che possa salire polizia giudiziaria armata. La presenza di armi a bordo di una nostra nave confligge con un principio che applichiamo in tutti i Paesi del Mondo, in qualunque ospedale di Msf che sia in Repubblica centro-africana o in Afghanistan o ad Haiti. Chiediamo di non far entrare le armi nel nostro ospedale. Per noi la nave è qualcosa di estremamente analogo a un ospedale essendoci un ambulatorio”.
Infine, sottolinea Eminente, “abbiamo trovato nel Codice di condotta una previsione che riguarda il divieto dei trasbordi da nave a nave: la nostra richiesta era stata di eliminare questa previsione non tanto perchè è un problema per noi ma perchè il divieto dei trasbordi, o comunque una maggiore complicazione nel fare i trasbordi tra nave e nave, potrebbe potenzialmente indebolire l’intero sistema e questo per noi è un fatto che non puo’ essere accettato”.
Gli altri punti del Codice di condotta per le ONG saranno invece “rispettati – precisa il direttore di Msf -. Abbiamo detto al Viminale che c’è un impegno unilaterale da parte nostra a rispettare tutti gli altri punti del Codice, come quello sulla trasparenza finanziaria e c’è un impegno a non entrare mai in acque territoriali a meno che non ci venga richiesto dalla Guardia costiera”.
Cosa comporti la mancata firma del Codice, conclude Eminente, “ad oggi non lo sappiamo: quello che è certo è che in assenza del Codice non cadiamo in una situazione che non è normata, tutta l’attività di ricerca e soccorso in mare è strettamente regolata da norme nazionali e internazionali che noi seguiamo in maniera molto stretta e sono norme che hanno anche un peso maggiore di un Codice di condotta. Quindi il riferimento c’è e noi continuiamo a rispettarlo. Auspichiamo che non ci sia alcun tipo di ricaduta su quelle organizzazioni che in buonissima fede hanno deciso di non firmarlo”.
Il Codacons: “Viminale revochi a Msf il permesso di svolgere attività in mare”
Sulla vicenda è intervenuto anche il Codacons, che attacca Medici Senza Frontiere. L’associazione dei consumatori ha deciso di presentare una diffida al Ministero dell’Interno affinché revochi alla ONG il permesso di svolgere attività di salvataggio in mare.
“Il rifiuto di Msf di firmare il Codice di condotta per le ONG impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare è un atto gravissimo, una forma di ribellione a regole sacrosante e necessarie per mettere ordine al settore” spiega il presidente Carlo Rienzi.
“Medici Senza Frontiere non può arrogarsi il diritto di decidere in totale autonomia le regole, né può sottrarsi alle decisioni dello Stato. Per tale motivo e di fronte ad un comportamento che riteniamo inaccettabile, abbiamo deciso di diffidare il Ministero dell’Interno affinché revochi con effetto immediato a Msf il permesso di svolgere attività di salvataggio in mare” conclude Rienzi.