L’Adoc invoca un intervento europeo per tutelare i diritti dei consumatori
ROMA – Come introdurre un aumento, anche consistente, di un prodotto o di un servizio senza dichiararlo? Le compagnie di telefonia, sia mobile che fissa, e non ultima Sky hanno trovato l’escamotage del cambio di fatturazione, aggiungendo una mensilità al conto annuo, con un ricarico dell’8,6% a danno dei consumatori.
L’Adoc, che da tempo ha denunciato le anomalie legate al cambio di data della fatturazione, chiede che ci sia un intervento normativo sia a livello nazionale che europeo, per assicurare al consumatore le giuste tutele e fermare questo trend degli aumenti nascosti.
“Molte delle compagnie di telefonia e non ultima Sky hanno nascosto aumenti del proprio canone, nell’ordine dell’8,6%, difficili da far digerire ai consumatori, dietro cambi della periodicità di fatturazione. È una prassi che penalizza gli utenti, ai limiti della pubblicità ingannevole” dichiara Roberto Tascini, presidente dell’Adoc.
“Non siamo contrari ad un mero cambio di calcolo della fatturazione, ma questa modifica dovrebbe prevedere un ricalcolo proporzionato delle precedenti condizioni economiche. Anche con il passaggio a 13 mensilità il consumatore non deve subire variazioni dei costi sostenuti. Inoltre, il cambio di fatturazione pone due spinose questioni” aggiunge.
La prima riguarda il pagamento con RID: i pagamenti con addebito bancario hanno cadenza mensile solare, per cui il cambio di calcolo della fatturazione a 28 giorni provocherà uno sfalsamento tra tempistiche del RID e della bolletta, con possibile insorgenza di uno scoperto bancario, con eventuale morosità o di errori di calcolo delle spese. La seconda concerne il diritto alla libera scelta e alla comparazione: la diversa cadenza di fatturazione tra operatori di telefonia mina la tutela della trasparenza e della comparabilità delle condizioni economiche tra le offerte.
“Per questo chiediamo sia al Governo che all’Unione Europea di affrontare seriamente e concretamente il problema, intervenendo a livello normativo per bloccare queste pratiche commerciali, a nostro avviso, scorrette” spiega Tascini.
Un’ulteriore forma di aumento nascosto è la cosiddetta shrinkflation. Nel Regno Unito oltre 2.500 prodotti negli ultimi 5 anni hanno subito variazioni di dimensione o peso per essere venduti allo stesso prezzo.
“La shrinkflation è quel fenomeno per cui le dimensioni di prodotti di largo consumo vengono ridotte ma il prezzo rimane invariato o, addirittura, aumentato – sottolinea Tascini – tutto ciò sotto gli occhi del consumatore, che non può rendersi conto delle variazioni minime apportate e che quindi paga di più per avere di meno”.
“A nostro avviso la riduzione delle dimensioni dei prodotti venduti mantenendo lo stesso prezzo è solo un modo subdolo per nascondere un aumento dei costi a danno dei consumatori visto che molto difficilmente si potrà notare il cambiamento. In Italia, al momento, non esiste ancora uno studio in merito ma sarebbe opportuno che Istat e Antitrust comincino ad analizzare tale fenomeno, che causa un danno notevole, sia dal punto di vista economico che di fiducia, al consumatore” conclude.