L’intervento del Ministero dopo l’operazione della Guardia di Finanza
ROMA – “Nessuna comunicazione ufficiale è ancora pervenuta al Ministero dell’Istruzione relativamente ai provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria”. Il Ministero “si riserva” comunque “di costituirsi parte civile nel relativo procedimento”.
Questo uno dei passaggi chiave della risposta che il MIUR ha fornito durante il Question Time alla Camera dei deputati in merito all’inchiesta in atto sui concorsi universitari truccati scoperti dalla Guardia di Finanza e che riguardano diversi atenei. La risposta è stata letta a nome della Ministra Valeria Fedeli, fuori sede per motivi istituzionali, dalla Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro.
I fatti di cronaca, specifica la risposta, si riferiscono alle due tornate 2012 e 2013 dell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN). Dopo un primo controllo da parte del Ministero, risulta che rispetto ai docenti indagati, 16 hanno fatto parte delle Commissioni nominate per l’ASN 2012 e 2013.
Ferma la condanna della Ministra Fedeli: “Il quesito formulato (nel question time, ndr) – si legge nella risposta – permette di intervenire su una vicenda che non esitiamo a giudicare scandalosa e inaccettabile qualora risultasse confermata in sede giudiziaria”.
“Come previsto dalla legge 240/2010 – chiarisce nella risposta sempre la Ministra Fedeli -, il Ministero ha il compito di nominare le commissioni per l’Abilitazione Scientifica Nazionale, di verificare la regolarità formale degli atti relativi ai lavori delle commissioni e di pubblicare i risultati”.
“Le Commissioni di valutazione sono composte da 5 professori ordinari, selezionati con un sorteggio effettuato all’interno di liste, una per ciascun settore concorsuale, tra coloro che hanno fatto domanda per esservi inclusi e rispetto ai quali è stata accertata la qualificazione scientifica da parte dell’Anvur (l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca). Le procedure di Abilitazione sono caratterizzate da assoluta trasparenza”, e alle stesse “viene data ampia pubblicità sul sito dedicato” prosegue.
Il Ministero, inoltre, “nel corso degli ultimi sei mesi ha collaborato con l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione, ndr) e con gli altri organismi rappresentativi del mondo accademico”.
E questo “ai fini della stesura di una specifica sezione, dedicata all’Università, del Piano Nazionale Anticorruzione”. Piano – viene ricordato – che è stato sottoposto a consultazione pubblica con l’obiettivo di “acquisire osservazioni e contributi in vista dell’adozione del testo definitivo che avverrà entro la metà del mese di ottobre”. Il Piano, in particolare, si propone di “togliere ogni area di opacità e zone d’ombra e affrontare in modo serio, rigoroso e trasparente ogni parte del funzionamento dell’università”.
Tra le intenzioni del Ministero anche quella, sempre nel corso del mese di ottobre, “di adottare, per la prima volta, un vero e proprio Atto di indirizzo sulla trasparenza e sui conseguenti comportamenti che devono ispirare la vita accademica e devono improntare codici etici e di autoregolamentazione degli Atenei”.
Codacons: “Si chiude la stalla quando i buoi sono già scappati”
La vicenda dei concorsi truccati al centro di una inchiesta della Procura di Firenze, che ha portato all’arresto di 7 professori universitari per corruzione, induzione indebita e turbativa del procedimento amministrativo, “è una prassi nota da sempre a tutti nel mondo accademico italiano”. Lo afferma il Codacons, che ha seguito un caso analogo a Roma ottenendo giustizia in favore di una ricercatrice.
“Chi oggi, come il Ministro Fedeli, si scandalizza per i fatti di Firenze dimostra solo grande ipocrisia” spiega il presidente Carlo Rienzi.
“Nepotismo, favoritismi e corruzione sono all’ordine del giorno negli atenei italiani, già in passato sono stati portati alla luce scandali analoghi di concorsi truccati e chi è stato danneggiato ha ottenuto giustizia” aggiunge.
Come il caso di una ricercatrice universitaria di agraria assistita dal Codacons la quale, nel lontano 1990, sostenne un concorso a La Sapienza per professore associato e venne ingiustamente bocciata. Ne scaturì un ricorso vinto sia al Tar che al Consiglio di Stato, dove i giudici riconobbero le gravi scorrettezze commesse dalla commissione esaminatrice, e un procedimento penale da cui emersero intercettazioni dal contenuto incredibilmente simile a quello portato alla luce dalla recente inchiesta di Firenze.
Ecco cosa diceva un professore ai propri colleghi per indirizzare il concorso in favore di alcuni candidati:
“Prima di iniziare a leggere questa mia vi suggerisco di staccare il telefono e di chiudere a chiave la porta del vostro studio. si tratta del concorso di associato che va affrontato con il massimo impegno per evitare spiacevoli sorprese”.
“Ritengo che la migliore strategia per indebolire il ‘gruppo avversario’ sia quella di chiedere ai colleghi degli strati b, c e d anche una o più preferenze. tutte le promesse vanno poi verificate puntualmente e continuamente con incroci non ‘sospetti’”.
“Dato che se tutto va bene sarò io a condurre il concorso, preferisco c. a g”.