Operazione “Broken tank” della Polizia: in carcere tre somali, un italiano ai domiciliari
FIRENZE – Trasportavano dall’Italia alla Somalia mezzi militari dismessi ma non venivano rimosse le dotazioni belliche come la torretta per il fuciliere, le luci oscurate, le gomme adatte ai terreni impervi e la vernice speciale che li rende invisibili di notte. Per questo motivo i poliziotti del Compartimento Polizia Stradale della Toscana hanno arrestato i componenti di un’organizzazione criminale durante l’operazione denominata “Broken tank”.
Provvedimenti per tre somali, che sono finiti in carcere, e un italiano per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. Sono tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di materiali di armamento. Gli arresti sono avvenuti tra le province di Firenze, Pisa e Trapani.
Dalle indagini gli agenti hanno scoperto che un gruppo di somali, dopo aver reperito i veicoli militari in tutta Italia e avvalendosi di una larga rete di complici tra autodemolitori, trasportatori, spedizionieri, riusciva a trasferire i veicoli in Somalia.
L’organizzazione criminale aggirava la normativa italiana che parifica i veicoli militari ai cosiddetti materiali di armamento, vietandone la cessione e l’esportazione in assenza di apposite autorizzazioni ministeriali, e soprattutto violando la normativa internazionale che ha disposto l’embargo verso la Somalia, vietando in modo assoluto il trasferimento nel Paese del Corno d’Africa di veicoli militari. Gli indagati erano operativi in Toscana, Campania, Calabria, Emilia Romagna e Sicilia, ed avevano messo in piedi una rete di rapporti per acquistare camion fuori uso dell’Esercito Italiano, per poi trasferirli in Somalia, dove l’organizzazione criminale era radicata.
Per evitare i controlli, sempre più severi, i criminali anziché caricare sui container i camion interi e spedirli in Somalia via mare, prima li smontavano o li tagliavano a pezzi, in modo da farli apparire al controllo doganale come pezzi di ricambio, oppure li riverniciavano per nascondere il colore militare.
Una volta che il carico arrivava a destinazione, tutte le componenti venivano assemblate di nuovo e i veicoli venivano ricostituiti nella loro interezza.
Visto che dall’Italia l’imbarco era diventato sempre più difficile, la banda aveva deciso di non usare più i porti italiani, ma quello di Anversa, in Belgio, dove i veicoli militari venivano condotti via terra a bordo di tir, con il carico coperto da teloni.