Appello al XIX Congresso nazionale AIOM: nelle strutture ad alto volume di attività la mortalità si riduce del 18%
ROMA – La cura del tumore del seno nelle Breast Unit, cioè nei Centri di Senologia, riduce la mortalità del 18%. Perché è più alta l’adesione alle linee guida, migliore l’esperienza degli specialisti ed è garantita l’adozione di un approccio multidisciplinare.
A livello europeo, è stabilito che possano definirsi Breast Unit solo i centri che trattano almeno 150 nuovi casi ogni anno. È questa la soglia minima. Ma in Italia, delle 449 strutture ospedaliere che eseguono più di 10 interventi chirurgici per questa neoplasia, solo 123 (27%) presentano volumi di attività superiori a 150 interventi annui (dato 2015, Programma Nazionale Esiti).
È urgente la piena realizzazione nel nostro Paese di queste Unità, che devono essere parte integrante delle Reti Oncologiche Regionali. L’appello arriva dal XIX Congresso nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) che si apre oggi a Roma.
Nel 2017 in Italia sono stimate 50.500 nuove diagnosi di tumore del seno, il più frequente fra le donne in tutte le fasce d’età.
“È dimostrato da molti studi che, dove si concentra più esperienza, si riduce il numero degli interventi demolitivi e aumenta quello degli interventi conservativi – spiega Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Anche le percentuali di ricostruzioni immediate sono maggiori in centri ad alto volume di attività”.
“I buoni risultati che si ottengono in una Breast Unit devono essere attribuiti non soltanto a una migliore chirurgia ma anche al giusto integrarsi delle varie discipline. Questo è particolarmente evidente nei casi più complessi e avanzati in cui si stanno affacciando armi innovative. Alla chemioterapia, all’ormonoterapia, ai farmaci anti-HER2 si è aggiunta una nuova classe di farmaci che intervengono nel rallentare la progressione del tumore del seno in fase metastatica, inibendo due proteine chiamate chinasi ciclina-dipendente 4 e 6 (CDK-4/6). Più farmaci da collocare e inserire nella strategia di cura della patologia neoplastica della mammella” aggiunge.
“Grazie all’istituzione dei Centri di Senologia le pazienti possono accedere in modo più agevole a percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali di eccellenza per tutte le fasi di diagnosi e cura in coerenza con le linee guida nazionali. È necessario in tutte le Regioni un modello di organizzazione sanitaria che, con le Reti Oncologiche e le Breast Unit, permetta di prendere in carico e indirizzare le pazienti con tumore del seno nei centri che garantiscano qualità e multidisciplinarietà nella cura” continua il presidente Pinto.
“Tutto questo insieme alla diffusione dell’accreditamento dei Centri di Senologia al fine di certificarne l’appropriatezza, monitorarne le prestazioni e assicurare agli utenti l’effettiva erogazione di prestazioni di qualità” spiega ancora.
Uno studio su 25.000 donne ha dimostrato che la sopravvivenza a 5 anni, nelle pazienti con tumore della mammella, aumenta del 9% negli ospedali che trattano più di 150 casi (rispetto a quelli che ne curano meno di 50). A questo vanno aggiunti i benefici che derivano da una migliore qualità di vita delle pazienti e da un utilizzo più razionale ed efficiente delle risorse. Nel nostro Paese vivono 766.957 donne dopo la diagnosi di tumore del seno (+26% dal 2010 al 2017). “La multidisciplinarità è l’elemento fondante del Centro di Senologia – afferma Stefania Gori, presidente eletto AIOM -. La formazione di un team coordinato favorisce il raggiungimento di un alto livello di specializzazione delle cure, dallo screening fino alla riabilitazione psico-funzionale, ottimizzando qualità e tempistica delle prestazioni, con l’obiettivo principale di prolungare e migliorare la vita delle pazienti. Il lavoro efficiente di un gruppo multidisciplinare produce appropriatezza, coerenza e continuità dei percorsi diagnostico-terapeutici, traducendosi in un miglioramento dell’utilizzo delle risorse umane ed economiche”.
Le principali figure professionali coinvolte nel gruppo di lavoro sono oncologo medico, chirurgo, anatomopatologo, radiologo, medico nucleare, radioterapista, infermiere con funzioni di case management e con specifica formazione in comunicazione, data manager (coordinatore di ricerca clinica), psicologo clinico, fisiatra e genetista.
“La collaborazione fra le diverse figure professionali è funzionale a selezionare il trattamento più idoneo in maniera condivisa, a documentare le scelte terapeutiche e a individuare le situazioni nelle quali può essere proposta la partecipazione a una sperimentazione clinica – continua Stefania Gori -. La gestione delle donne con malattia avanzata può essere ottimizzata dal confronto multidisciplinare riducendo l’applicazione di trattamenti inutili o potenzialmente dannosi”.
“Il Centro di Senologia deve inoltre fornire indicazioni sul corretto follow-up, cioè sulle visite di controllo al termine dei trattamenti, definendone il contenuto per limitare gli accessi ospedalieri superflui o ridondanti. Inoltre la discussione dei casi di donne con diagnosi di tumore mammario in età molto giovane deve prevedere un’attenzione specifica all’adozione di tecniche di preservazione della fertilità. È un aspetto di estrema rilevanza per il benessere della donna, sottovalutato per troppo tempo” spiega ancora.
Nel dicembre 2009 e nell’aprile 2015 due dichiarazioni del Parlamento Europeo hanno sollecitato i Paesi membri a organizzare le Breast Unit entro il 2016 e la Commissione Europea a sviluppare un programma di certificazione. Il 18 dicembre 2014 Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano hanno siglato un’intesa impegnandosi a recepirne i contenuti tecnici e a definire il percorso di assistenza alla paziente affetta da tumore al seno entro 6 mesi dalla stipula.
“Questo documento – spiega Elisabetta Iannelli, Segretario Generale FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) -, oltre a fissare principi virtuosi utili a garantire l’accesso per la paziente colpita da questa patologia a percorsi diagnostico-clinici di eccellenza, evidenzia anche alcune importanti limitazioni e incongruenze che devono essere rapidamente corrette”.
“Il primo merito della delibera – afferma – è di riconoscere in modo ufficiale il valore strategico del Centro di Senologia come metodo assistenziale innovativo del tumore del seno e l’importanza di affidare i percorsi di cura ad un gruppo multidisciplinare di professionisti dedicati a questa patologia. Solo questa sinergia può garantire i migliori standard di cura e la totale presa in carico della paziente per tutto il percorso diagnostico-terapeutico”.
“Altro merito della delibera è di aver recepito come un alto volume di attività sia requisito indispensabile per garantire percentuali più elevate di sopravvivenza e una migliore qualità di vita e di aver indicato un parametro preciso – 150 nuovi casi di tumore del seno ogni anno – come volume minimo di attività specialistica che una struttura deve trattare per essere inclusa nella rete dei centri di Senologia. A oggi però in Italia una percentuale ancora troppo alta di neoplasie al seno viene trattata in centri poco specializzati e da personale che effettua pochi interventi l’anno” prosegue.
Diverse Regioni italiane hanno deliberato la costituzione dei Centri di Senologia. In Toscana, ad esempio, la riorganizzazione della rete senologica è stata stabilita nel 2014 (Delibera n. 372) prevedendo una serie di azioni.
“Lo scenario in Italia – evidenzia il presidente Pinto – però è ancora eterogeneo e richiede un radicale processo di omogeneizzazione per evitare disuguaglianze e garantire pari opportunità di cura alle pazienti”. Per migliorare il livello di consapevolezza delle donne sulle regole della prevenzione l’AIOM promuove un progetto nazionale che include un opuscolo informativo.
“Abbiamo deciso con entusiasmo di sostenere questa progettualità dell’AIOM – conclude Luigi Boano, General Manager Novartis Oncology Italia – che avrà un impatto positivo per le pazienti e per il sistema sanitario. Novartis è da anni impegnata nella lotta contro il tumore del seno, per sviluppare farmaci sempre più innovativi, che migliorino la sopravvivenza e la qualità di vita delle pazienti. Crediamo fortemente nella ricerca e innovazione in oncologia, motivo per cui investiamo risorse importanti in questo settore”.