Il 45% di CO2 a livello globale è emesso dai due Paesi: per ENEA servono misure concrete
BONN – Si è aperta in Germania la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima (COP23) che vede la partecipazione di oltre 190 delegati da tutto il mondo. L’obiettivo è quello di concordare le regole per l’applicazione dell’accordo di Parigi (COP21), entrato formalmente in vigore il 4 novembre 2016, che mira a mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C rispetto al periodo pre-industriale.
“La tendenza a lungo termine della temperatura media superficiale del pianeta va nella direzione sbagliata. Gli ultimi tre anni, infatti, sono stati gli anni più caldi mai registrati finora, con una temperatura media globale superiore di 1,1°C rispetto al periodo preindustriale”, spiega Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio “Modellistica climatica e impatti” dell’ENEA. “Nonostante negli ultimi tre anni la quantità di CO2 immessa nell’atmosfera dalla combustione di combustibili fossili sia rimasta pressoché stabile – aggiunge Sannino – la concentrazione in atmosfera ha raggiunto valori eccezionali, con livelli medi atmosferici di CO2 che hanno raggiunto nel 2016 le 403 parti per milione (ppm), il 44% in più rispetto ai livelli preindustriali”.
“Ma c’è una ragione abbastanza semplice per cui la recente stabilizzazione delle emissioni globali non si è tradotta in una stabilizzazione della concentrazione dei livelli di CO2 in atmosfera. Un pianeta più caldo rende sia la biosfera che l’oceano meno efficienti nell’assorbire CO2 dall’atmosfera. L’oceano e la biosfera terrestre assorbono attualmente solo il 50 per cento delle emissioni di CO2, mentre il restante 50 per cento delle emissioni continua quindi ad accrescere la concentrazione presente in atmosfera” spiega.
“E le cose non vanno meglio quest’anno – conclude Sannino – visto che ad aprile si è raggiunto un picco ‘storico’ nella concentrazione di CO2 con 410 ppm, il valore più elevato degli ultimi 800mila anni. La soluzione è una sola: bisogna tagliare drasticamente le emissioni di CO2 in atmosfera”.
La Commissione europea ha posto come obiettivo la riduzione delle emissioni di CO2 del 40% al 2030 e dell’80% al 2050 rispetto ai valori del 1990 (quando nell’Unione europea è stato raggiunto il picco).
“Ma l’Europa da sola non basta – conclude Sannino – se consideriamo che dei 36 miliardi di tonnellate di CO2 a livello globale ogni anno, il 30% è emesso dalla Cina, il 15% dagli Stati Uniti e solo il 10% dall’Europa. Sarà quindi importante seguire a Bonn le misure concrete che Cina e Stati Uniti vorranno mettere in campo per ridurre in maniera drastica le emissioni”.
E l’Italia che fa?
Mentre a Bonn parte a Bonn la COP23 sui cambiamenti climatici, in Italia il clima continua ad essere il grande assente dall’asfittico dibattito politico. Eppure l’estate del 2017, le sue temperature torride, l’ostinata mancanza di piogge e gli effetti conseguenti su agricoltura e approvvigionamento idrico, hanno messo gli italiani di fronte alla pericolosità degli effetti dei cambiamenti climatici.
Da troppo tempo il tema viene discusso solo da scienziati e addetti ai lavori, come sta accadendo in questi giorni ai delegati dei governi riuniti a Bonn nella COP23 per continuare a discutere dei dettagli dell’Accordo di Parigi.
A due anni dalla firma e a uno dalla sua entrata in vigore, le politiche ambientali ed energetiche adottate in Italia sono risultate spesso in contrasto con gli impegni assunti a livello internazionale, nonostante ogni anno di più gli effetti del riscaldamento globale minaccino con maggior violenza anche il nostro Paese.
La nuova S.E.N. Strategia Energetica Nazionale, la cui pubblicazione è attesa nei prossimi giorni, riserva ancora troppo spazio alle energie fossili e rinuncia ad un piano strategico e lungimirante per la decarbonizzazione della nostra economia. Il provvedimento arriva dopo una lunga lista di precise scelte infrastrutturali, energetiche, finanziarie etc. compiute dagli ultimi governi italiani in palese contraddizione con la volontà di contrastare i cambiamenti climatici.
L’Instant Book dell’Associazione A Sud “Trova le Differenze. L’Italia tra il dire e il fare nella lotta ai cambiamenti climatici”, racconta nel dettaglio questa pericolosa doppia morale.
Di fronte all’inazione della politica, è diritto e dovere dei cittadini richiamare le istituzioni alle proprie responsabilità. Con questo obiettivo, in concomitanza con la COP23, nasce la campagna internazionale #ClimateChangingMe, promossa in Italia dall’Associazione A Sud: una raccolta di testimonianze per raccontare come i cittadini di tutto il mondo subiscano già oggi gli impatti diretti dei cambiamenti climatici. Tra i promotori anche altre organizzazioni ambientaliste di altri continenti: Nigeria, Ecuador, Bulgaria, Thailandia, etc.
“ClimateChangingMe è il nostro racconto, il racconto di chi subisce le scelte in campo energetico e ambientale, per pretendere che nelle agende nazionali e internazionali lottare contro il caos climatico e ripensare il modello economico siano priorità politiche, non soltanto enunciazioni vuote” spiega l’associazione.