La Coldiretti afferma che nel rapporto Simez per il Mezzogiorno c’è occupazione in agricoltura ma la PA frena la crescita socio economica
Nel rapporto Svimez il Mezzogiorno è uscito dalla lunga recessione merito delle politiche di sviluppo ma ancora molto indietro nel sistema paese, per accedere negli strumenti di politica nazionale. E questo è un grosso problema soprattutto se lo dice Svimez nella sua ricerca, vuol dire che il mezzogiorno è fuori dal resto d’Italia e dovrebbe camminare con le sue gambe. Ma non sempre le Regioni sono buone produttrici di programmi e spesso i soldi destinati allo sviluppo tornano indietro per l’incapacità di gestirli.
Depauperamento del capitale umano meridionale e una perdita di 200 mila laureati che indeboliscono le ricchezze endogene.
“Le previsioni per il 2017 e il 2018 confermano che il Mezzogiorno è in grado di agganciare la ripresa, facendo segnare tassi di crescita di poco inferiori a quelli del Centro-Nord”, ci riporta l’associazione, ma essere in grado di ripresa non sembra sia sviluppo certo, quindi è opinabile che i dati siano ancora traballanti e non diano buone speranze al sud. E ancora: “Il Sud è un’area non più giovane né tantomeno il serbatoio di nascite del Paese. Il Governo nell’ultimo anno ha riavviato le politiche per il Sud; fondamentali due interventi: le ZES zona economica speciale e la “clausola del 34%” sugli investimenti ordinari. Il mezzogiorno ha saputo usare queste “benedizioni”?
Rapporto Svimez, il Sud aggancia la ripresa ma restano disuguaglianze
Cresce l’export, aumenta il lavoro ma con basse retribuzioni e il tasso di occupazione è ancora il più basso d’Europa: le emergenze sociali sono difficili da superare. E il saldo migratorio è negativo
“Dati e condizioni significative emergono dall’ultimo rapporto SVIMEZ – commenta Molinaro presidente di Coldiretti Calabria– che incideranno sulla crescita dell’economia e del PIL e che incoraggiano ulteriormente a far ritornare alla terra numerosi giovani.
La Calabria – prosegue Molinaro –in questi anni, si è avvalsa del contributo fondamentale dell’agricoltura anche in termini di occupazione. Dal 2000 al 2016 vi è stato un tasso di occupazione nel settore primario con un + 10,4% e solo dal 2015-2016 con un + 2,6%. Una Calabria operosa che in questi anni ha rialzato la testa grazie all’agricoltura è ha imboccato la strada giusta con il contributo fondamentale degli agricoltori in particolare giovani a testimonianza che non vuole essere la zavorra dell’Italia.
Certo, se l’impegno della Regione Calabria fosse stato pari a quello degli agricoltori, la situazione poteva essere ancora migliore. Possiamo ben dire – conclude Molinaro – che l’agricoltura e l’agroalimentare con la grande valenza multifunzionale, hanno contribuito fortemente a mantenere i giovani in Calabria e a non farli emigrare in cerca di lavoro ben sapendo che il nuovo modello di sviluppo passa proprio dalla valorizzazione della distintività del territorio come appunto stanno facendo i giovani”.
Ada cosco