ENEA ha realizzato il primo impianto che coprirà il fabbisogno di elettricità della Stazione durante la lunga stagione invernale
ROMA – Il vento è di nuovo protagonista in Antartide. Non solo come motore del clima,ma anche come elemento propulsore del primo impianto eolico realizzato nella Base italiana Mario Zucchelli a Baia Terra Nova, che dal 1985 ospita il laboratorio scientifico del PNRA, il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, finanziato dal MIUR con l’attuazione logistica dell’ENEA e il coordinamento scientifico del CNR.
Progettata e realizzata dall’ENEA, questa prima centrale eolica sfrutterà i forti venti catabatici per produrre circa 63mila kWh di energia elettrica l’anno, con notevoli benefici ambientali ed economici grazie a risparmi annui di almeno 24mila litri di combustibile e di quasi 80mila euro in “bolletta”.
“Questa stazione eolica – spiega l’ing. Sergio Sgroi dell’ENEA – si configura come un upgrade logistico reso possibile grazie al Servizio Ingegneria dell’Unità Tecnica Antartide dell’ENEA, che ha seguito l’analisi progettuale, la posa in opera e i lavori di interconnessione dell’impianto con la centrale endotermica della base, attualmente alimentata con un particolare combustibile fossile, il Jet A-1, un kerosene avio addizionato con uno speciale inibitore di congelamento”.
L’impianto che servirà la Base Zucchelli consiste di 3 generatori eolici alti circa 10 metri, ciascuno composto da un rotore di 7 metri e da turbine tri-pale di 5 metri ad asse verticale. I lavori di realizzazione sono iniziati nel 2015 e si concluderanno con un avviamento sperimentale nel corso dell’attuale campagna estiva, la XXXIII del PNRA. Una volta a regime, le tre torri eoliche riusciranno a coprire il fabbisogno di elettricità della base italiana durante l’intero inverno antartico.
“Nella stagione invernale – aggiunge Sgroi – la Base Zucchelli non è più presidiata e quindi il fabbisogno energetico è minore, ma resta essenziale mantenere in funzione i sistemi di comunicazione satellitari, le stazioni scientifiche e meteo e garantire il riscaldamento di alcuni locali adibiti a deposito per le apparecchiature sensibili. Durante i lunghi mesi dell’inverno antartico, la centrale endotermica della stazione rimarrà comunque in stand-by e subentrerà per tamponare eventuali situazioni di emergenza o per compensare la variabilità della generazione eolica quando questa non è gestibile dalle batterie di accumulo”.
Durante il periodo estivo, il consumo energetico della base si attesta su livelli decisamente superiori (circa 200 KWh), e quindi l’impianto eolico lavorerà in parallelo con la centrale a combustibile fossile.
“Al momento – conclude Sgroi – non è possibile abbandonare totalmente l’energia elettrica prodotta da combustibile fossile e impiegare solo energia eolica, data la forte instabilità del vento antartico che non sempre è produttivo a fini energetici, perché assente o troppo leggero o troppo forte per i limiti di resistenza meccanica delle turbine eoliche”.
L’impianto, fornito dall’azienda Ropatec srl di Bolzano in collaborazione con lo Studio Bissanti, è stato personalizzato scegliendo materiali e soluzioni tecniche specifiche per climi particolarmente freddi e trasferito in base via mare, con la motonave oceanografica-cargo Italica nel corso delle traversate fatte nelle ultime due campagne antartiche. La scelta del sito e la realizzazione delle fondazioni sono state effettuate dopo un’analisi georadar eseguita dai geologi ricercatori della Stazione Mario Zucchelli. Ma è soprattutto il funzionamento in sicurezza dell’impianto eolico durante l’inverno antartico, in assenza di presidio umano, a rappresentare la principale sfida tecnologica.
“È allo studio la possibilità di stabilire un monitoraggio e un telecontrollo da remoto – chiarisce l’ing. Francesco Pellegrino dell’ENEA – in modo da garantire l’ottimizzazione dei parametri funzionali, assicurare una gestione adeguata degli allarmi e l’eventuale messa in sicurezza dell’impianto in caso di malfunzionamento o guasto tecnico”.
Altre difficoltà intrinseche alla gestione della centrale sono legate alle condizioni estreme del sito che è caratterizzato dai forti venti catabatici e dalle basse temperature invernali. Queste presentano minimi stagionali fino a -40°C e possono determinare formazione di ghiaccio sulle pale e sulle altre componenti del rotore. “I venti catabatici, che dall’altopiano antartico precipitano verso la linea di costa, con picchi anche superiori a 100 nodi (185 Km/h), hanno un potenziale distruttivo che non può essere trascurato.
“Tutto ciò – continua Pellegrino – ha imposto un’attenta valutazione progettuale della struttura meccanica e delle parti in movimento, in particolare nella scelta dei materiali, nel dimensionamento dei componenti e nella realizzazione delle opere di fondazione”.
L’Italia si allinea così alle soluzioni più sostenibili, in tema di fabbisogno energetico, già consolidate in alcune basi antartiche internazionali, dove operano da qualche anno diverse centrali eoliche, abbracciando a pieno titolo la sfida che l’ha vista portare tecnologie avanzate in territori considerati fino a poco tempo fa troppo ostili e difficilmente sfruttabili per le fonti di energia rinnovabile.