A Crotone c’è l’inferno ambientale post industriale
Il tasso di malati di tumore a Crotone è tra i più alti d’Italia e se, già nel 2001, un decreto del ministero dell’Ambiente aveva classificato la città calabrese come sito di interesse nazionale per l’inquinamento ambientale, l’aveva inserita tra le zone da bonificare.
C’è un orto a Crotone, che è formalmente ridente. Governato da un ragazzo di colore, accanto l’area industriale della periferia crotonese, condannata da veleni post-industrializzazione, che continua a far parlare di sé per le strane cose che vi accadono, per i morti che non sono più ricordati, della disperazione di intere famiglie distrutte.
Si parlò di omicidio colposo per alcuni funzionari ma tutto poi cadde nel vuoto. Nell’inferno, dove le vittime sono state centinaia, morte di cancro e tumori, area posta a bonifica da tempi memorabili, il terreno che impregnato di veleni è stato già oggetto di diversi attacchi da ambientalisti e certa stampa. La politica si è fatta i fatti suoi, per dirla leggera.
Sfruttamento della manovalanza?
Certo che la gestione produttiva non può essere solo di quel povero cristo senegalese, che ha come casa il centro di prima accoglienza ma come surrogato un giaciglio in zona stazione. Quindi, la regia è sicuramente di una persona del posto.
La scorsa stagione in primavera era piena di piante di frutta e tanta verdura da rimpiazzare un banchetto del mercato popolare. Proprio bella verdura. Ma, bella di fuori e di dentro?
Sarà zona demaniale?
La zona in questione è sotto il cavalcavia che fa da limite con la zona industriale, ex Montecatini-Pertusola periferia di Crotone, pare abbia un condomino che vuole continuare ad essere libero proprietario di fare le sue cose. Cose? Ma anche cosa, qualcosa! Ne avevamo parlato tempo fa proprio su questa testata precisamente nel mese di marzo scorso, di questo orto.
Orto a tutto campo
Un fazzolettino di terra che in primavera ospitava un paradiso ortofrutticolo. Da dire che in prossimità di due gravi pericoli: i veleni della industrializzazione post sessantottina, e il torrente Esaro che sfocia nel mar Ionio a Crotone, ma prima lambisce la zona popolare periferica quella portuale e industriale. E, l’acqua non può essere cristallina. Per non parlare dell’arsenico, cadmio, zinco, piombo che abitano in pianta stabile da quelle parti.
Ma come si irriga? Con acqua pubblica o dall’Esaro?
La domanda nasce spontanea, come viene abbeverato questo orto, se lo sono chiesto in molti. Perché la quantità prodotta non è limitata dei raccolti e se questi prodotti vanno a riempire i banchi dell’ortofrutta cittadina? Ma ci sarà una condotta urbana allora che bagna l’appezzamento? Altrimenti da dove si prende l’acqua che fa crescere le verdure?
Insomma, il ragazzo di colore puntualmente continua a lavorare il “suo” pezzo di terra, naturalmente dopo aver scaricato da una macchina furgonata bianca del letame di pecora. Pensavamo che il “direttore” dei lavori aveva capito che in quel posto coltivare le verdure era controproducente alla salute, soprattutto degli altri. Ma la storia continua.