Liliana Segre dopo la nomina: “Mattarella ha voluto onorare, attraverso la mia persona, la memoria di tanti altri in questo anno 2018 in cui ricorre l’80° anniversario delle leggi razziali”
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha nominato senatrice a vita, ai sensi dell’articolo 59, secondo comma, della Costituzione, Liliana Segre. “Per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale” è la motivazione della nomina.
Il decreto, come si legge sul sito del Quirinale, è stato controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, onorevole Paolo Gentiloni.
“Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Consigliere Ugo Zampetti provvederà alla consegna al Presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso, del decreto di nomina.
Il Presidente della Repubblica ha informato telefonicamente la neo Senatrice a vita della nomina” si legge ancora.
Chi è Liliana Segre
Come riferisce l’agenzia Dire (www.dire.it) Liliana Segre è nata a Milano il 10 settembre 1930 da Alberto Segre e Lucia Foligno. Persa la madre in tenera età, quando non aveva ancora compiuto un anno, ha vissuto unitamente al padre e ai nonni paterni. Vedova di Belli Paci Alfredo, sposato nel 1951, e madre di tre figli, attualmente risiede a Milano, in via Telesio Bernardino 16.
Rimase vittima delle leggi razziali del fascismo all’età di 8 anni, quando nel settembre del 1938 fu costretta ad abbandonare la scuola elementare, iniziando l’esperienza dolorosa e terribile della persecuzione.
Il 7 dicembre 1943, insieme al padre e a due cugini, cercò invano, con l’aiuto di alcuni contrabbandieri, di riparare in Svizzera. Venne tuttavia catturata dai gendarmi del Canton Ticino e rispedita in Italia dove, il giorno successivo, fu tratta in arresto a Selvetta di Viggiù (Varese). Dopo sei giorni nel carcere di Varese venne trasferita dapprima a Como e alla fine a Milano-San Vittore, dove rimase detenuta per 40 giorni.
Il 30 gennaio 1944 venne deportata con il padre in Germania, partendo dal “Binario 21” della Stazione Centrale di Milano. Raggiunto il campo di concentramento di Birkenau-Auschwitz, fu internata nella sezione femminile.
Non rivedrà mai più il padre, che morirà ad Auschwitz il 27 aprile 1944. Anche i nonni paterni di Liliana Segre, arrestati a Inverigo (Como) il 18 maggio 1944, furono deportati ad Auschwitz, ove furono uccisi il giorno stesso del loro arrivo, il 30 giugno dello stesso anno.
Alla selezione, le venne imposto e tatuato sull’avambraccio il numero di matricola 75190. Durante la sua permanenza nel capo di concentramento fu impiegata nei lavori forzati nella fabbrica di munizioni ‘Union’, di proprietà della Siemens. Lavoro che svolse per circa un anno.
Il 27 gennaio 1945, sgomberato il campo di concentramento di Birkenau-Auschwitz per sfuggire all’avanzata dell’Armata Rossa, i nazisti trasferirono 56.000 prigionieri, tra cui anche Liliana Segre, a piedi, attraverso la Polonia, verso Nord. La Segre, non ancora 15enne, fu condotta nel campo femminile di Ravensbrück e in seguito trasferita nel sotto campo di Malchow, nel nord della Germania.
Fu liberata il 1° maggio 1945, assieme agli altri prigionieri, dopo l’occupazione del campo di Malchow da parte dei militari russi. Tornò a Milano nell’agosto 1945.
Liliana Segre è una dei 25 sopravvissuti dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz. Nel 1990, dopo 45 anni di silenzio si rese per la prima volta disponibile a partecipare ad alcuni incontri con gli studenti delle scuole di Milano, portando la sua testimonianza di ex deportata.
È insignita: dell’onorificenza di Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitagli con motu proprio del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 29 novembre 2004; della Medaglia d’oro della riconoscenza della Provincia di Milano, assegnatagli nel 2005.
Il 27 novembre 2008 ha ricevuto la Laurea honoris causa in Giurisprudenza dall’Università degli Studi di Trieste, mentre il 15 dicembre 2010 l’Università degli Studi di Verona le ha conferito la Laurea honoris causa in Scienze pedagogiche. È Presidente del Comitato per le “Pietre d’inciampo” – Milano, che raccoglie tutte le associazioni legate alla memoria della Resistenza, delle deportazioni e dell’antifascismo.
Le prime parole della neo Senatrice a vita
”La notizia mi ha colto completamente di sorpresa. Non ho mai fatto politica attiva e sono una persona comune, una nonna con una vita ancora piena di interessi e di impegni” ha affermato Liliana Segre dopo la nomina del Capo dello Stato.
”Certamente il Presidente ha voluto onorare, attraverso la mia persona, la memoria di tanti altri in questo anno 2018 in cui ricorre l’80° anniversario delle leggi razziali. Sento dunque su di me l’enorme compito, la grave responsabilità di tentare almeno, pur con tutti i miei limiti, di portare nel Senato della Repubblica delle voci ormai lontane che rischiano di perdersi nell’oblio” ha proseguito.
“Le voci di quelle migliaia di italiani appartenenti alla piccola minoranza ebraica, che nel 1938 subirono l’umiliazione di essere degradati dalla Patria che amavano; che furono espulsi dalle scuole, dalle professioni, dalla società dei cittadini ‘di serie A’. Che in seguito furono perseguitati, braccati e infine deportati verso la ‘soluzione finale’. Soprattutto le voci di quelli, meno fortunati di me, che non sono tornati, che sono stati uccisi per la sola colpa di essere nati, che non hanno tomba, che sono finiti nel vento” ha aggiunto.
“Salvare dall’oblio quelle storie, coltivare la Memoria, è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza. E la può usare. Il mio impegno per tramandare la memoria, contrastare il razzismo, costruire un mondo di fratellanza, comprensione e rispetto, in linea con i valori della nostra Costituzione, continuerà ora anche in Parlamento, ma, lo dico sin d’ora, senza trascurare la mia attività con gli studenti” sottolinea Liliana Segre.
“Continuerò finché avrò forza a raccontare ai giovani l’orrore della Shoah, la follia del razzismo, la barbarie della discriminazione e della predicazione dell’odio. L’ho sempre fatto, non dimenticando e non perdonando, ma senza odio e spirito di vendetta. Sono una donna di pace e una donna libera: e la prima libertà è quella dall’odio” ha concluso.