L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna analizza le motivazioni che indussero i Giusti a rischiare tutto per cercare di salvare la vita di persone sconosciute
Il Giorno della Memoria venne istituito in Italia per ricordare non solo le vittime ma anche tutti coloro che sono andati in soccorso degli ebrei rischiando la vita propria e dei propri familiari, quelli che sono anche noti come i Giusti tra le Nazioni. L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna desidera ricordare anche il bene delle loro azioni e spiegare le ragioni psicologiche profonde che ne hanno motivato la condotta. Commemorarli significa testimoniare il bene che riesce a emergere dalla tragedia umana, cosa che permette di non venire atterriti dalla memoria del male assoluto. In questo senso l’istituzione di una celebrazione ad hoc per il 6 marzo di ogni anno, la Giornata europea dei Giusti, è un importante riconoscimento; tale giornata estende il concetto a tutti coloro che hanno mostrato la capacità di opporsi ai crimini contro la persona anche in altre circostanze drammatiche come genocidi e totalitarismi.
Studi nell’ambito della psicologia e della sociologia, come quelli effettuati dal sociologo Samuel Oliner e dagli psicologi Daniel Batson e Steven Baum, hanno analizzato dal punto di vista psicologico le motivazioni che indussero i Giusti a rischiare tutto per cercare di salvare la vita di persone sconosciute. Più in generale, le loro ricerche erano incentrate sulle cause che possono spingere le persone alla generosità e all’altruismo. Si è cercato di arrivare a un “comune denominatore” tra caratteristiche personali e psicologiche che avevano caratterizzato le loro azioni, per comprendere se tali qualità umane potessero essere promosse nelle persone, per promuovere un effettivo avanzamento sociale.
La capacità di affrontare un’autorità perversa, secondo Baum, si ottiene dall’essere “emozionalmente sviluppati”, dall’aver raggiunto una maturità psicologica che permetta la formazione di una identità personale equilibrata, in grado di contrapporsi all’identità sociale prevalente. Di particolare importanza per raggiungere il traguardo, l’avere un’esperienza relazionale con persone appartenenti a diverse etnie, estrazioni sociali e culture. Più ci si basa su opinioni e categorizzazioni precostituite, trasmesse in modo acritico, e non sulla conoscenza diretta, maggiore è il rischio di annullare l’umanità della persona, affermando la propria identità a scapito dell’altro.
Come elemento fondamentale di un atteggiamento altruistico è stata individuata la relazione affettivo-educativa sperimentata nell’infanzia. Una relazione educativa familiare equilibrata, che sostenga l’importanza del rispetto di se stessi e dell’altro, unita a una formazione scolastica che facilita un’esperienza partecipativa, può far crescere nelle persone il senso critico. Le può abituare ad analizzare la realtà autonomamente, senza farsi condizionare dal pensiero dominante dell’autorità costituita.
La presenza nella formazione dell’individuo di elementi di apertura e antirazzisti permette che i sentimenti di empatia, solidarietà e giustizia vengano naturalmente introiettati, tanto è vero che la maggior parte dei Giusti motivava le azioni compiute semplicemente come ciò che andava fatto in quel particolare frangente, non come atti eroici. La capacità di prendersi cura, infatti, di mettersi al posto dell’altro, non è un semplice atto di altruismo, perché salvaguarda l’integrità e la coerenza della propria percezione di sé come persona. Viene rifiutato così il processo psicologico di disumanizzazione di cui è vittima, anche in parte inconsapevolmente, il persecutore.
Mettere al centro del Giorno della Memoria e dell’azione formativa ed educativa i principi su cui si è basata l’azione dei Giusti comunica la volontà di dare un significato umano e psicologico alle parole “responsabilità”, “dignità”, “apertura” e “libertà”. Il ricordo del passato anche nella sua tragicità trova così il suo compimento e il suo scopo nel futuro.