Mipaaf: “Proteggere il Made in Italy significa puntare su massima trasparenza”
Da oggi sugli scaffali dei supermercati i consumatori troveranno le nuove etichette sulle confezioni di pasta e riso. Sono entrati pienamente in vigore i decreti firmati dai Ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda che consentono ai consumatori di conoscere il luogo di coltivazione del grano e del riso in modo chiaro sulle nuove etichette sulle confezioni di pasta e riso. Nel solco di quanto fatto per latte e derivati, la sperimentazione è prevista per due anni.
“Proteggere il Made in Italy – afferma il Ministro Maurizio Martina – significa puntare sulla massima trasparenza delle informazioni in etichetta ai cittadini. Per questo abbiamo voluto con forza sperimentare l’obbligo di indicare espressamente sulle confezioni di pasta e riso il luogo di coltivazione. Un’informazione utile ai consumatori per poter scegliere in maniera informata e consapevole. Uno strumento necessario anche per valorizzare e tutelare il lavoro dei nostri produttori”.
“La trasparenza deve essere una battaglia comune, da condurre con tutta la filiera anche in Europa. Non c’è dubbio che l’iniziativa italiana abbia ottenuto anche un risultato politico importante: dopo 4 anni la Commissione Ue ha presentato una prima bozza di regolamento attuativo della norma sull’etichettatura. Un passo avanti che va migliorato, a partire dall’indicazione obbligatoria e non facoltativa dell’origine delle materie prime. Stiamo lavorando per una proposta che trovi il supporto della nostra filiera e di altri Paesi europei a partire dalla Francia. Se non cambierà la proposta siamo pronti a dare voto negativo nel comitato che è chiamato ad esprimersi a Bruxelles” aggiunge Martina.
Come cambiano le nuove etichette sulle confezioni di pasta e riso
GRANO/PASTA
Il decreto grano/pasta prevede che sulle nuove etichette sulle confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano viene coltivato;
b) Paese di molitura: nome del Paese in cui il grano è stato macinato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE;
c) se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
RISO
Il provvedimento prevede che sull’etichetta del riso devono essere indicati:
a) “Paese di coltivazione del riso”;
b) “Paese di lavorazione”;
c) “Paese di confezionamento”.
Se le tre fasi avvengono nello stesso Paese è possibile utilizzare la dicitura “Origine del riso: Italia”.
Anche per il riso, se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.
ORIGINE VISIBILE IN ETICHETTA
Le indicazioni sull’origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili.
DECRETI IN VIGORE FINO A PIENA ATTUAZIONE REGOLAMENTO UE 1169
I decreti restano in vigore fino alla piena attuazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011 che prevede i casi in cui debba essere indicato il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti, subordinandone l’applicazione all’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione, che ad oggi non sono stati ancora emanati.
OLTRE L’85% DEGLI ITALIANI CHIEDE TRASPARENZA NELL’INDICAZIONE D’ORIGINE DI GRANO E PASTA
Oltre l’85% degli italiani considera importante conoscere l’origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per la pasta. Sono questi i dati emersi dalla consultazione pubblica online sulla trasparenza delle informazioni in etichetta dei prodotti agroalimentari, svolta sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a cui hanno partecipato oltre 26mila cittadini.
Codacons: “Benefici per tutti i consumatori”
Le nuove etichette sulle confezioni di pasta e riso sono “una misura che porterà benefici alla totalità dei cittadini italiani, principali consumatori di pasta al mondo”. Lo afferma il Codacons, commentando l’obbligo di indicare in etichetta l’origine della materia prima per riso e pasta.
Con 24 kg di consumo annuo pro capite l’Italia è da sempre in testa alla classifica dei Paesi che inseriscono la pasta come alimento fisso della propria dieta alimentare, e stacca nettamente la Tunisia (16 g) e il Venezuela (12 kg), rispettivamente secondi e terzi in classifica.
E che la pasta sia regina indiscussa delle nostre tavole lo conferma il fatto che, in media, gli italiani la mangino 5 volte a settimana. Percentuale più alta nel Sud Italia e nelle Isole, dove addirittura un cittadino su 2 mangia pasta almeno una volta al giorno.
“Proprio tali numeri danno la misura dell’importanza di indicare in etichetta l’origine della materia prima per pasta e riso, perché i consumatori hanno il diritto di sapere cosa mangiano e di fare scelte consapevoli, premiando il Made in Italy e le produzioni nostrane finora danneggiate da inganni alimentari e dalla totale mancanza di trasparenza delle etichette” conclude il presidente Carlo Rienzi.
Coldiretti: per il 58% degli italiani la pasta è simbolo del Made in Italy
Per quasi 6 italiani su 10 (58%) la pasta è il vero simbolo del Made in Italy nel mondo, seguita dall’olio extravergine d’oliva (19%) e dal vino (18%). È quanto emerge da un sondaggio Coldiretti/Ixè in occasione del Pasta Day organizzato alla scadenza dei 180 giorni per l’entrata in vigore dei due decreti interministeriali sull’ indicazione dell’origine obbligatoria del riso e del grano per la pasta in etichetta pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
La passione degli Italiani per la pasta è confermata anche dal fatto che l’80% degli italiani mangia pasta o pane almeno una volta al giorno.
Sul piano qualitativo la tendenza è verso pasta con grani 100% italiani e con un’immagine di forte legame ai territori di origine. Una tendenza che ha portato, sottolinea la Coldiretti, al prepotente ritorno dei grani nazionali antichi come il Senatore Cappelli e alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale del grano impiegato, da Ghigi a Valle del grano, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, fino a “Voiello”, che fa capo al Gruppo Barilla, senza dimenticare molte linee della grande distribuzione. Una opportunità resa possibile da un milione e 350mila ettari di coltivazioni di grano duro con un raccolto che quest’anno sfiorerà i 4 miliardi e 300 milioni di chili concentrato nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano circa il 40% del totale nazionale.
“Nel mondo – evidenzia la Coldiretti – l’Italia conserva il primato sulla produzione di pasta con 3,2 milioni di tonnellate all’anno davanti a Usa, Turchia, Brasile e Russia. Ma è proprio sui mercati mondiali che si avvertono i primi campanelli di allarme visto che, in controtendenza rispetto all’andamento del Made in Italy all’estero che ha superato la storica cifra di 41 miliardi di euro, si riducono invece le esportazioni italiane di pasta che nel 2017 hanno fatto segnare un preoccupante calo in valore del 4% secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat”.
Si tratta degli effetti della rapida moltiplicazione di impianti di produzione all’estero, dagli Stati Uniti al Messico, dalla Francia alla Russia, dalla Grecia alla Turchia, dalla Germania alla Svezia.
“Il settore infatti sta affrontando i pesanti effetti della delocalizzazione che dopo aver colpito la coltivazione del grano sta adesso interessando la trasformazione industriale con pesanti conseguenze economiche ed occupazionali. Le nuove etichette sulle confezioni di pasta e riso possono quindi rappresentare – conclude la Coldiretti – una svolta per invertire la tendenza e valorizzare il Made in Italy dai campi alla trasformazione industriale”.