Associazione che prometteva benefici “miracolosi” con diete macrobiotiche capaci di guarire malattie, scoperta dalla Squadra mobile di Ancona e Forlì
“Il maestro ha già pensato a tutto per noi, bisogna fare bene tutto quello che lui ci dice di fare, in modo da poter guarire sia le malattie fisiche che quelle dell’anima in modo da ripulire il nostro Karma”. E ancora: “i farmaci non curano, tolgono semplicemente i sintomi, la medicina uccide, i medici sono degli assassini”.
Era questa l’essenza del pensiero inculcato nella mente dei membri di un’associazione che operava nel campo del macrobiotico e che gestiva molti punti vendita sparsi tra le Marche e l’Emilia Romagna. In realtà, come scoperto dalla Polizia di Stato, si trattava di una vera e propria setta che riduceva in schiavitù psicologica i propri adepti facendo leva sul rigido controllo dell’alimentazione e sulla negazione di ogni contatto con il mondo esterno.
Sono quattro le persone indagate in stato di libertà per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, maltrattamenti, lesioni aggravate ed evasione fiscale.
Insieme al leader della setta del macrobiotico, che si faceva chiamare “maestro”, sono sottoposti ad indagine anche i suoi collaboratori più stretti, che rivestivano ruoli apicali nella piramide organizzativa e decisionale; contestati anche una serie di reati di natura finanziaria per aver evaso il pagamento di tasse per centinaia di migliaia di euro.
L’attività investigativa è iniziata nel 2013, dopo che una donna uscita da poco dal tunnel della setta del macrobiotico, si presentò alla Squadra mobile di Forlì per raccontare la propria esperienza all’interno dell’associazione, una setta creata principalmente a scopo economico, che aveva provocato molti danni alla salute di tante persone, rendendole schiave.
Tutto cominciava frequentando alcuni punti macrobiotici dove le persone più fragili e con problemi emotivi dovuti a malattie personali o familiari, subivano l’indottrinamento.
Le vittime venivano convinte dei miracolosi benefici della dieta elaborata dal leader della setta del macrobiotico, che asseriva di essere in grado di guarire malattie incurabili per la medicina ufficiale, e dell’importanza di diffondere questo stile di vita per salvare l’umanità.
Il “maestro” manipolava gli adepti arrivando a gestire l’intera loro vita, con lo scopo di ricavarne un arricchimento personale, grazie allo sfruttamento del loro lavoro.
Ogni associato veniva convinto ad abbandonare il proprio impiego, a ripudiare la precedente vita e a “lavorare” per l’associazione quale ringraziamento per il messaggio salvifico ricevuto; di fatto si trattava di sfruttamento, infatti erano tutti costretti a lavorare per molte ore e, nella migliore delle ipotesi, sottopagati.
L’attività investigativa, continuata dalla Squadra mobile di Ancona, ha individuato altre vittime della setta del macrobiotico disposte a raccontare la loro storia; importante anche il risvolto patrimoniale dell’indagine, che ha evidenziato una vera e propria attività di franchising commerciale che si faceva pagare per lo sfruttamento del marchio, l’approvvigionamento dei beni, la formazione e l’aggiornamento professionale obbligatorio e la fornitura dei testi di studio pubblicati dalla casa editrice di proprietà del maestro; il tutto senza adempiere gli obblighi fiscali.
L’esame dei flussi contabili di circa cinquanta posizioni bancarie e postali, ha consentito di individuare i movimenti di denaro entrati nelle casse del maestro e dell’associazione, attraverso un sistema di “offerte”, imposte agli adepti per asserite finalità di destinazione sociale.
Chi non aderiva alle offerte veniva deriso e colpevolizzato da tutta la comunità dei macrobiotici. Nei casi in cui non riuscivano a far fronte alle “donazioni” poteva derivare l’espulsione dall’associazione.
Alcune persone hanno raccontato che una volta espulse dal mondo della setta del macrobiotico, non avendo più lavoro, affetti familiari, si erano trovate a vivere situazioni molto difficili, di disperazione, isolamento, costrette a vendere la loro casa o a rivolgersi alla Caritas per poter mangiare.