Gli aggiornamenti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sull’attività eruttiva dello Stromboli
Nella serata di ieri, 18 marzo, si è verificata una violenta sequenza esplosiva che ha coinvolto le bocche poste sulla terrazza craterica del vulcano Stromboli. Una prima esplosione, avvenuta alle ore 19:27 locali dalle bocche dell’area centro-sud, ha emesso abbondante cenere frammista a materiale incandescente e blocchi lavici di grosse dimensioni che sono ricaduti in zona sommitale e lungo la Sciara del Fuoco.
I prodotti emessi, spiega l’INGV, hanno superato un’altezza di 350 m sopra la terrazza craterica, come evidenziato dalle telecamere di videosorveglianza dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE).
Circa 40 secondi dopo la prima, si è verificata una seconda esplosione dalle bocche poste nell’area craterica nord, ma di minore intensità. In questo caso è stata emessa cenere e materiale più grossolano (lapilli e bombe) che hanno raggiunto un’altezza di circa 100 m sopra la bocca. In ambedue le esplosioni è stata generata una nube di cenere che si è dispersa rapidamente nei quadranti orientali del vulcano.
La durata della sequenza è stata complessivamente di 40 secondi circa. Violente sequenze esplosive, come quella descritta, si sono verificate anche di recente: lo scorso 7 marzo e il 26 luglio, 23 ottobre, 1 novembre, 1 dicembre del 2017. Si tratta di esplosioni più violente di quelle dell’attività stromboliana ordinaria, durante le quali viene emesso materiale grossolano e cenere, che ricade in zona sommitale.
Questi eventi, occasionali e imprevedibili, interrompono bruscamente l’attività stromboliana ordinaria. Fanno comunque parte della fenomenologia vulcanica tipica dell’attività sommitale di Stromboli caratterizzata da esplosioni di variabile energia. L’attività dello Stromboli è continuamente monitorata dall’INGV mediante le sue Sezioni di Catania, Napoli e Palermo.
Lo Stromboli e le sue esplosioni
Come si legge in una nota dell’INGV a firma di Marco Neri, da oltre mille anni il vulcano Stromboli erutta continuamente, producendo un tipo di attività davvero peculiare. Si tratta di esplosioni intermittenti, con intervalli che variano tipicamente da decine di secondi ad alcuni minuti, che avvengono dai crateri posti a circa 750 metri di quota vicino la cima del vulcano.
L’energia di queste esplosioni è complessivamente modesta ma comunque sufficiente a lanciare in aria, fino a qualche centinaio di metri di altezza, brandelli di magma incandescente: è la cosiddetta attività stromboliana, nota in tutto il mondo per i suoi connotati netti e inconfondibili. Una sorta di “marchio di fabbrica” che rende internazionalmente noto questo vulcano.
Fino agli inizi del ‘900, questa tipica attività eruttiva ha fatto dello Stromboli un “faro” naturale per tutti coloro che solcavano le acque del Tirreno. Oggi questa funzione è passata allo Strombolicchio, poco più che uno scoglio ubicato a Nord di Stromboli, sul quale è stato installato un vero faro a governare il traffico marittimo moderno. Se pensiamo alla natura geologica di Strombolicchio, che rappresenta ciò che resta di un condotto eruttivo risalente a circa duecentomila anni fa, è come se l’Uomo avesse voluto riattivare questo antichissimo camino vulcanico, “riaccendendo” artificialmente la sua cima con la luce del faro.
Per quanto a grandi linee costante nel tempo, però, l’attività esplosiva dello Stromboli presenta alcune varianti. Il punto di emissione rimane quasi sempre situato in corrispondenza delle bocche che si trovano all’interno della cinta craterica sommitale, ma l’energia liberata e la frequenza delle esplosioni possono variare anche significativamente. Pertanto, si può definire come “normale attività stromboliana” quella che è anche la più frequente: esplosioni dalla terrazza craterica e che producono la proiezione in aria di brandelli di lava, gas, lapilli e ceneri fino a poche centinaia di metri di altezza, materiali che poi ricadono in prevalenza all’interno della stessa terrazza craterica dalla quale sono stati emessi. Questo tipo di attività eruttiva non rappresenta tipicamente un reale pericolo per gli abitanti dell’isola e per eventuali osservatori che dovessero transitare lungo i sentieri che portano in cima al vulcano fino al “Pizzo sopra la Fossa”, un belvedere naturale posto a quasi 900 metri di quota e che sovrasta la sottostante terrazza craterica da cui si origina l’attività stromboliana.
A volte, però, e in modo ancora imprevedibile, l’attività eruttiva ordinaria di Stromboli sfocia in “esplosioni maggiori”, prodotte sempre dalle bocche della terrazza craterica ma caratterizzate da maggiore energia e frequenza delle esplosioni “normali” e volumi di magma eruttati. Sono esplosioni come quelle accadute il 7 e il 18 marzo 2018 e che possono avvenire anche diverse volte in un anno, a intervalli spesso irregolari. La conseguenza immediata è percepibile dal differente impatto che questi eventi hanno sull’ambiente circostante. Esse, infatti, causano frequentemente la ricaduta di bombe vulcaniche, lapilli e frammenti rocciosi anche abbastanza grandi, nella porzione sommitale del vulcano, ma, rispetto alla normale attività, a distanze maggiori dalla bocca eruttiva. Pertanto, sia il belvedere del Pizzo sopra la Fossa sia parte dei sentieri che vi conducono, possono essere interessati da questa ricaduta di materiali vulcanici, potenzialmente pericolosi per qualsiasi osservatore si trovasse a transitare da quelle parti.
La normale attività stromboliana e le esplosioni maggiori eruttano tipicamente magmi definiti come “evoluti”, la cui lenta risalita verso la superficie consente loro di formare numerosi cristalli.
Ma a Stromboli avvengono anche esplosioni definite “parossistiche”. Si tratta di fenomeni decisamente violenti e improvvisi, che spesso eruttano un magma considerato “primitivo” e profondo, che risale tanto rapidamente verso la superficie da non avere il tempo di cristallizzare parzialmente e frazionarsi. Le eruzioni parossistiche producono il lancio in atmosfera di bombe vulcaniche, lapilli incandescenti e frammenti di roccia ad altezze di qualche chilometro, con ricaduta di tali materiali fino a distanze di alcuni chilometri dalle bocche eruttive. In alcuni casi, come nel 1930, il materiale eruttato è ricaduto al suolo formando valanghe di materiale incandescente che ha percorso rapidamente i fianchi del vulcano fino a raggiungere il mare. Il loro impatto sul territorio, quindi, è potenzialmente molto pericoloso, in quanto i materiali eruttati possono innescare incendi nella vegetazione e raggiungere i centri abitati.
Fortunatamente si tratta di eventi che accadono con intervalli nell’ordine delle decine di anni. Le esplosioni parossistiche possono avvenire improvvisamente, ma di solito accadono durante periodi caratterizzati da intensa attività eruttiva del vulcano. Come, ad esempio, quella avvenuta il 5 aprile 2003, una delle più recenti esplosioni parossistiche di Stromboli, avvenuta nel corso dell’eruzione iniziata il 28 dicembre 2002 e terminata il 18 luglio 2003. La più recente si è verificata il 15 marzo 2007, sempre durante un’eruzione effusiva. In quel caso, brandelli di lava incandescente e frammenti di roccia sono ricaduti fino a 400 metri di quota attorno all’area sommitale del vulcano. Alcuni blocchi lavici sono precipitati a quote minori fino a raggiungere la frazione di Ginostra, sul basso versante sud-occidentale dell’isola.
Allo stato attuale delle conoscenze, sia le eruzioni maggiori sia quelle parossistiche, non sono precedute da precursori chiaramente riconoscibili, se non poche decine di secondi prima dell’evento esplosivo. Tale lasso di tempo è troppo breve per consentire a chi si trova sulla cima del vulcano di mettersi al riparo.
Il video seguente mostra tre tipi di eventi esplosivi che possono avvenire a Stromboli. La prima parte del filmato è stato girato tra il 2013 ed il 2015 da Boris Behncke e riprende la cosiddetta attività stromboliana normale. La seconda parte del filmato è estratta dalle registrazioni delle telecamere di sorveglianza dell’INGV e documenta l’esplosione maggiore avvenuta il 7 marzo 2018. Infine, l’ultima parte del filmato è stata realizzata da Piergiorgio Scarlato, e riprende l’esplosione parossistica avvenuta il 5 aprile 2003 nel corso di un’eruzione durata alcuni mesi.