La Fondazione Consulenti del Lavoro lancia l’allarme sulla gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione e lancia proposte di semplificazione al nuovo Governo
Non è facile gestire i rapporti con la Pubblica Amministrazione. Lo sanno bene i Consulenti del Lavoro, che quotidianamente nel loro ruolo di intermediari sono alle prese con una lunga serie di disservizi e disguidi generati dall’interlocuzione con la Pubblica Amministrazione.
Per questo motivo, in occasione dell’Assemblea dei Consigli provinciali dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, in corso di svolgimento presso la Link Campus University di Roma, il Consiglio nazionale ha avviato una ricognizione interna per giungere ad un “Libro bianco” sulle disfunzioni degli Enti di riferimento, che sarà presentato al prossimo Governo ed, in particolare, ai futuri Ministri del Lavoro e dell’Economia.
Molte criticità operative della Pubblica Amministrazione sono già state raccolte in un documento contenente alcune proposte con cui favorire la compliance tra amministrazioni pubbliche, cittadini e professionisti. “Non basta la digitalizzazione dei processi per favorire il dialogo tra la Pubblica Amministrazione, le imprese ed i professionisti”, ha dichiarato la Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone. “È necessario prima di tutto che gli Enti accolgano i suggerimenti di chi, come i Consulenti del Lavoro, vive giornalmente la realtà e le difficoltà delle imprese. Per questo forniremo al nuovo Governo un pacchetto di criticità e di soluzioni con cui rendere questo Paese più efficiente e competitivo”.
Una situazione critica, ad esempio, è quella riscontrata con l’Inps, che continua a disconoscere i rapporti di lavoro subordinato avviati nelle imprese a carattere familiare, indipendentemente dalla verifica dei presupposti della subordinazione. Nonostante il nostro ordinamento non preveda una norma che vieti l’assunzione di familiari con un contratto di lavoro subordinato, l’Istituto insiste su questa posizione generando contenziosi che allungano tempi e costi della giustizia e in cui, alla fine, risulta soccombente.
Inoltre, nonostante gli uffici siano deputati all’accoglienza delle utenze, l’accesso da parte degli operatori qualificati, come i Consulenti del Lavoro, è legato ad un’agenda appuntamenti elettronica che rimane succube dei capricci dell’informatica e della discrezionalità della sede stessa.
Si rende così problematico, se non a volte impossibile, sia programmare la propria attività sia intervenire nei casi di urgenza.
Altre criticità con la Pubblica Amministrazione si riscontrano nella gestione delle politiche attive del lavoro. Il Consiglio nazionale non può che essere favorevole alla creazione di un sistema informativo unitario performante, che diventi unico punto di riferimento per gli utenti in cerca di collocamento e per gli operatori pubblici e privati. Ad oggi i servizi per l’impiego hanno assunto un’articolazione disomogenea tra le Regioni, contribuendo ad aumentare il divario di opportunità che caratterizza il mercato del lavoro italiano.
Le proposte per risolvere le criticità della Pubblica Amministrazione
Abusivismo della professione
L’esercizio abusivo della professione è una dinamica che sta assumendo profili problematici, come emerge anche da numerose sentenze di natura penale della Corte di Cassazione. Al fine di garantire maggiore dignità alla professione e qualità ai servizi professionali, sarebbe opportuna un’azione coordinata, posta in essere mediante controlli più severi e segnalazioni immediate, che consenta di agire tempestivamente e di disincentivare questa tendenza distorta.
Rivedere la gestione del contenzioso amministrativo
E’ necessario rivedere completamente il sistema di gestione del contenzioso amministrativo, che ha perso completamente la sua naturale funzione deflattiva poiché nella generalità dei casi gli Enti preposti non forniscono alcuna risposta oppure forniscono una risposta in tempi tardivi (in alcuni casi anche a distanza di anni). Allo stato attuale risulta evidente l’inutilità della fase di confronto amministrativo, che allunga solo tempi e costi della giustizia. Un sistema di gestione efficiente del contenzioso amministrativo deve, invece, vincolare gli Enti al rispetto dei termini di risposta e all’esaustività delle argomentazioni fornite. Peraltro, avere risposte da parte dell’Inps sui gravami amministrativi è molto difficile. Molto spesso, infatti, si preferisce la strada del silenzio rifiuto piuttosto che l’esame nel merito del ricorso. Occorre incidere parallelamente nel potenziamento del servizio da parte dell’Istituto e in fase di prevenzione del contenzioso, incidendo nelle fattispecie più ricorrenti.
Accesso critico alle sedi Inps
Nonostante gli uffici siano deputati all’accoglienza delle utenze, l’accesso da parte degli operatori qualificati, come i Consulenti del Lavoro, è legato ad un’agenda appuntamenti elettronica che rimane succube dei capricci dell’informatica e della discrezionalità della sede stessa. Si rende così problematico, se non a volte impossibile, sia programmare la propria attività sia intervenire nei casi di urgenza.
L’Inps non dà esecuzione alle sentenze in cui risulta soccombente
Al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro risulta che l’Inps, in caso di soccombenza, non dia esecuzione spontanea alle sentenze del Giudice. Molto spesso i contenziosi hanno ad oggetto somme di denaro e il mancato pagamento degli importi disposti in favore di imprese e professionisti può provocare danni irreparabili. Questa condotta costringe, infatti, gli stessi ad avviare un’altra causa per esigere l’esecuzione della sentenza, che comporta mediamente altri due anni di giudizio ed ulteriori costi. In considerazione del volume dei contenziosi in cui è coinvolto l’Istituto, si può immaginare quali possano essere le conseguenze sul numero delle cause pendenti ed i danni provocati ai contribuenti. Un ulteriore esempio riguarda il lavoro part time orizzontale e verticale (il più delle volte svolto da donne). Difatti, a parità di ore di lavoro, se la distribuzione è di tipo orizzontale, ai fini pensionistici l’Inps riconosce 1 anno intero di anzianità; se, invece, le stesse ore sono distribuite in modo verticale, l’Istituto attribuisce un’anzianità pensionistica di 6 mesi, penalizzando i lavoratori. Su questo scenario si è già pronunciata la Corte di Giustizia Europea con sentenza 10 giugno 2010 n.395/08 e n.396/08, connotando tale condotta come discriminatoria. Nonostante siano trascorsi 8 anni dalla sentenza, l’Inps non ha ancora preso provvedimenti di rettifica in merito ed i lavoratori sono costretti a fare causa all’Inps per ottenere quello che la sentenza della Corte di Giustizia ha già disposto. L’Istituto, inoltre, è chiamato a pagare le spese processuali con il conseguente danno erariale.
Sempre su questo tema, un ulteriore profilo di criticità riguarda i riflessi dei contenziosi tributari sugli obblighi previdenziali. Se l’Agenzia delle Entrate in sede ispettiva accerta un maggior reddito, oltre a dare seguito al recupero del maggior gettito, comunica gli esiti dell’accertamento anche all’Inps per il recupero dei contributi previdenziali. Tuttavia, tali accertamenti possono risultare infondati, inducendo imprese e professionisti a fare ricorso presso le Commissioni tributarie. Nonostante il ricorso, l’Istituto notifica ugualmente l’avviso di addebito (immediatamente esecutivo) richiedendo anche la differenza contributiva sul nuovo reddito. E ciò, anche se in pendenza di ricorso giudiziario (tra i quali è qualificabile anche quello tributario) non sia possibile formare il ruolo ai sensi dell’art. 25 del Decreto Legislativo n.46/99. Ne consegue che il contribuente è costretto a presentare un secondo ricorso al Tribunale, in opposizione all’atto dell’Inps.
È chiaro, dunque, che manca totalmente un processo organizzato da parte dell’Istituto, che consenta di applicare correttamente le leggi, in esecuzione delle pronunce di soccombenza della Magistratura.
Il disconoscimento del lavoro familiare
L’Italia è un paese che si caratterizza per imprese a dimensione familiare. Tale caratteristica andrebbe promossa e non ostacolata. Di diverso avviso è l’organo ispettivo dell’Inps, che disconosce costantemente i rapporti di lavoro subordinato avviati con i familiari indipendentemente dalla verifica dei presupposti della subordinazione. Peraltro, il nostro ordinamento è privo di una norma che dispone il divieto di assunzione di familiari con un contratto di lavoro subordinato. L’Istituto insiste da anni su questa posizione, nonostante risulti costantemente soccombente in giudizio.
Gestione delle note di rettifica Inps
Come emerge dai numerosi reclami pervenuti al Consiglio Nazionale le procedure telematiche di gestione delle pratiche con l’Inps spesso risultano lunghe e laboriose e con informazioni incomplete. Il Cassetto Previdenziale – che rappresenta uno dei progetti centrali dell’Istituto per il dialogo con imprese e professionisti – a distanza di anni dalla sua introduzione su tutto il territorio nazionale, ha ancora tempi e modalità di risposta incompatibili con un’efficace gestione delle attività. Questo comporta un’eccessiva burocratizzazione dei processi che scoraggia l’intero sistema professionale e imprenditoriale. In considerazione dell’inadeguata interazione tramite cassetto previdenziale, è necessario che venga ripristinata presso le Sedi una modalità di comunicazione diretta, tempestiva ed efficiente con la Categoria, che consenta di superare gli evidentissimi limiti degli attuali sistemi.
Servizi per l’impiego
Partendo dalle difficoltà riscontrate dall’ANPAL nella fase di strutturazione delle procedure, confermate anche dal ritardo nell’entrata a regime dell’assegno di ricollocazione, si pone un problema in materia di servizi per l’impiego. Questi, infatti, hanno assunto un’articolazione disomogenea tra le Regioni, con la diretta conseguenza che ciò ha contribuito ad aumentare ulteriormente il divario di opportunità che caratterizza il nostro mercato del lavoro. In uno scenario siffatto, le Regioni ne hanno tratto vantaggio al punto di offrire misure più appetibili, nel maggiore dei casi, di quelle nazionali.
Costruzione di un sistema informativo unitario
In tema di politiche attive del lavoro, data la necessità odierna di offrire punti di riferimento concreti agli utenti in cerca di collocamento (disoccupati, studenti) e di trasmettere fiducia nei confronti dei soggetti erogatori di tali politiche attive, è necessario disporre di un sistema informativo unitario performante, che diventi l’unico punto di riferimento per l’utenza e per gli operatori pubblici e privati. In un’ottica di miglioramento continuo, è ragionevole sviluppare maggiori sinergie tra gli operatori, tramite il coinvolgimento dei soggetti privati autorizzati, nello svolgimento dei processi e nelle fasi di progettazione di suddette misure.
Aumento della condizionalità
Le politiche del lavoro rappresentano gli interventi pubblici rivolti alla tutela dell’interesse collettivo all’occupazione ed essendo strettamente connesse con altri settori (fiscale, sociale ed economico), si rende necessario un aumento della condizionalità tra politica passiva ed attiva. In concreto, l’avvio di una misura di politica attiva in costanza di fruizione di un ammortizzatore sociale deve essere un obbligo e non una facoltà, pena la perdita dell’ammortizzatore sociale. Questo fungerebbe da collegamento naturale tra politiche attive e passive del lavoro, consentendo l’incrocio tra domanda ed offerta di lavoro.
Ottimizzazione della spesa in politiche del lavoro
Al fine di razionalizzare la spesa pubblica per le politiche del lavoro è opportuno implementare una serie di iniziative che partano dalla riorganizzazione della gestione delle politiche del lavoro ed arrivino ad ottimizzare la spesa in politiche del lavoro.
A tal fine si dovrebbe:
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graduare gli ammortizzatori sociali al profiling della persona (ad esempio durate differenti degli interventi a seconda del grado di difficoltà a ricollocarsi, dell’età etc.);
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eliminare gli incentivi generici all’occupazione in favore di un abbassamento generalizzato del costo del lavoro;
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indirizzare gli incentivi su target specifici (soggetti svantaggiati, disoccupati di lunga durata, disabili etc.);
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aumentare gli investimenti nei servizi per il lavoro, riqualificare i centri per l’impiego, migliorare e riformare la rete degli operatori, valorizzare l’orientamento ai servizi per il lavoro, aumentare le remunerazioni “a risultato” degli operatori;
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evitare sovrapposizioni tra misure regionali e nazionali (ad esempio il disoccupato percettore di NASPI, essendo potenziale fruitore dell’assegno di ricollocazione, non dovrebbe essere ammesso ad altre misure di emanazione regionale).