Presentato il libro del procuratore Leonardo Corsi ‘Per colpa di Zico’. La magica avventura del calcio tra genio, passione e nostalgia
Leonardo Corsi, beato lui, è una delle infinite vittime delle magie di Arthur Antunes Coimbra. Dribbling, scatti, gol di abilità incredibile. Visti in tv dagli occhi di un bambino diventarono la molla di una vita. Nei primi anni Ottanta, del resto, l’incantamento per quei piedi fatati era generale e nell’Italia fresca campione del mundial spagnolo si avevano perfino i capitali per comprarli.
Carmelo Bene, per dire dei tempi, raccontava che lo stesso Luciano Lama, gran segretario dell’allora onnipotente Cgil, pose perentorio la questione ai licenziandi operai della Zoppas in crisi, una delle aziende della famiglia Zanussi che stava per portare all’Udinese proprio il mitico brasiliano: “Insomma, volete il lavoro o volete Zico?”
E se tra disoccupazione e calcio bailado l’Italia proletaria scelse Zico, come poteva restare indifferente davanti a tanto genio un ragazzino di fantasia galoppante che nelle strade della sua Firenze già si sbucciava le gambe striminzite correndo dietro a un pallone coi compagni?
Il Leonardo Corsi di oggi è appunto figlio della passione tracimante sbocciata in quei giorni lontani: da lì l’idea del calcio come poesia e arte; il lavoro nel calcio come procuratore di giovani promesse e non pochi affermatissimi campioni (Marchisio, Pandev, Moscardelliecc.); da lì i continui viaggi in Italia e in Europa per business e partite di cartello; da lì una visione della società e del mondo filtrata attraverso le non comuni esperienze dovute a uno sport che Gianni Brera definiva ‘mistero infinitamente bello’.
Tutto ciò Leonardo racconta con stile trasognato e nostalgico in questo suo primo, agilissimo libro che, non a caso, ha voluto intitolare Per colpa di Zico (Maschietto Editore, pag. 208, € 18). Un’ammissione tanto lineare, quasi un’accusa in apparenza, che in realtà è dichiarazione d’amore, certificato perenne di ammirazione e gratitudine per un mago del futebol divenuto quasi uno di famiglia. Uno zio d’America.
Il tempo sembra volare in queste pagine leggere dove gli episodi si accavallano con voluta discontinuità, ogni capitolo illustrato dai dolci acquarelli di Sybil Smoot, in un viaggio totale nella storia del calcio che non dimentica di analizzarne gli stessi aspetti tribali, spirituali, pseudo mistici. Ecco le squadre leggendarie, gli effetti politici, sociali, culturali legati al fenomeno, i campioni che hanno segnato le generazioni successive. Ed ecco gli incontri professionali dell’avvocato Corsi con presidenti dal super ego vulcanico, con allenatori dal cuore scaramantico, con talent scout di romantici istinti, con le ansie senza gloria del tifoso, con i sogni e le pene del mestiere di calciatore.
Ma ecco anche il ricordo emozionato di tanti momenti eroici vissuti di persona: dalla memorabile finale di Spagna 82 appunto sofferta davanti alla Tv, a quella dellaChampions 2010 con cui l’Inter completò contro il Bayern lo storico triplete, stavolta vista dagli spalti dello stesso Bernabeu e raccontata da uno dei protagonisti, il timido macedone Goran Pandev, dall’interno del fortino dello special one José Mourinho. Infine la cavalcata bianconera in Champions 2015 approdata alla débacle finale di Berlino contro i marziani catalani Messi e Iniesta.
Per dirla con Zico, un’atmosfera di saudade avvolge però questi ricordi. L’urlo di Marco Tardelli ormai inciso nella memoria collettiva è l’ultimo gesto deiMohicani di un’epoca al tramonto. Da allora, si sa, il calcio è profondamente cambiato insieme alle norme che ne regolano il mercato, la Tv che detta legge e l’impennata senza fine di costi e ingaggi. Stop allo spirito di appartenenza, alla fedeltà alla maglia, alle formazioni mandate giù a memoria che si ripetevano identiche per anni. Il calciatore miliardario è ormai un’azienda con tutto quel che ne consegue. Tatuaggi inclusi.
Inevitabile sentirsi feriti di nostalgia per il mondo che fu. Da qui anche la crisi di coscienza di un giovane procuratore intelligente, provato dai paradossi di una lunga passione, ma incapace di dire addio all’amata sfera. L’amore, del resto, è una catena. Per colpa di Zico, ovviamente. Di chi sennò?