Indagine dell’Osservatorio dei Consulenti del Lavoro: negli ultimi dieci anni persi oltre 1,5 milioni di posti a tempo indeterminato e 1,2 milioni di giovani laureati fa un lavoro che non richiede il livello di istruzione conseguito
Quanto sono stati penalizzati dalla crisi i giovani in cerca di un posto di lavoro? In che modo il livello di istruzione dei laureati italiani incide sulla capacità di trovare una buona occupazione? Sono alcune delle domande che trovano risposta nel report “Giovani sottoccupati e sovra-istruiti” dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, che sarà approfondito nel corso del Festival del Lavoro 2018 di Milano (dal 28 al 30 giugno al MiCo, Centro Congressi di Milano).
Negli ultimi 10 anni i giovani occupati tra i 15 e i 34 anni sono diminuiti di circa 1,4 milioni e, contemporaneamente, la disoccupazione giovanile è passata dal 21,2% nel 2008 all’attuale 34,7%. Analizzando questa contrazione più nel dettaglio, i giovani diminuiscono di oltre 1,5 milioni di posti a tempo indeterminato e aumentano di 112mila nel tempo determinato.
Nel periodo preso in considerazione si assiste anche ad un aumento del contratto part-time (il 30% in più del 2008), che ha prodotto un incremento della sottoccupazione e il proliferare del part-time involontario (oltre 2,6 milioni di occupati che hanno accettato un contratto di lavoro part-time pur cercando un lavoro a tempo pieno).
Di questi, 890 mila hanno tra i 15 e i 34 anni. In termini percentuali, quindi, i giovani che vorrebbero un lavoro full-time e ne trovano solo a tempo parziale sono passati dal 48,3% nel 2008 al 74,8% nel 2017.
La crescita del lavoro a tempo parziale in Italia riflette il periodo economico che il nostro Paese sta vivendo e confermano che, “volenti o nolenti”, assistiamo ad un nuovo modello di mercato del lavoro al quale i giovani dovranno abituarsi: a tempo determinato e part time.
Ad essere più colpite dalla sottoccupazione sono le donne (più di 6 lavoratrici su 10 sono occupate con contratto di part time involontario).
Il rapporto dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro prova a spiegare le cause che incidono sulla disoccupazione giovanile. Tra queste, certamente, il livello di istruzione obbligatoria conseguito dai giovani italiani. Tra la popolazione (25-34 anni) con un livello di studi basso gli occupati sono pari al 52%, mentre per i titoli di studio alti (laurea) la percentuale arriva al 65. Spostandosi sul capitolo “disoccupazione” delle fasce giovani, emerge che ci sono oltre 311mila giovani tra i 15 e i 34 anni disoccupati da oltre 2 anni, e di questi solo il 9% è laureato. Il livello di istruzione gioca, quindi, un ruolo importante per la ricerca di lavoro e per ridurre la probabilità di rimanere disoccupati troppo a lungo.
Nonostante ciò, i dati del PISA (Programme for international student assessment) mettono in luce un livello di preparazione dei nostri studenti molto più basso rispetto ad altri Paesi europei. Inoltre, la spesa in istruzione in rapporto al PIL è tra le più basse in Europa, soprattutto se confrontata con Paesi economicamente equivalenti al Bel Paese come la Germania o la Francia. Se si considera la relazione fra laurea e qualifica professionale, la quota di laureati impiegati in mansioni che non richiedono questo livello di istruzione assume livelli allarmanti. È il fenomeno della sovra-istruzione (overqualification rate) che riguarda oramai circa 320 mila giovani italiani occupati in mansioni che non richiedono il titolo di studio conseguito.
Il 28% (348mila) degli occupati laureati nella classe di età tra 20 e 34 anni (circa 1,2 milioni) occupa una posizione professionale che in realtà non richiede il livello di istruzione conseguito.