Indagine dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro: negli ultimi dieci anni i lavoratori stranieri regolari fanno registrare un tasso di occupazione maggiore (60,6%) rispetto a quello degli italiani (57,7%)
Negli ultimi 10 anni gli stranieri residenti in Italia sono aumentati di 1,825 milioni (+57,5%, arrivando a sfiorare la quota di 5 milioni), mentre gli italiani sono diminuiti di 325 mila unità (passando da 55.568 a 55.243 milioni, con un calo dello 0,6%).
L’invecchiamento della popolazione italiana e la bassa natalità sono stati quindi compensati a livello numerico dagli immigrati stranieri di prima e di seconda generazione. I 5 milioni di residenti stranieri in Italia hanno un’età media di 34 anni, inferiore di 11 anni all’età media degli italiani. Pertanto, anche dal punto di vista del mercato del lavoro, quasi 4 stranieri su 5 (79,1%) sono in età lavorativa (15-64 anni), a fronte del 63% della popolazione italiana che è molto più anziana. Rielaborando i dati della “Rilevazione Continua sulle Forze Lavoro (RCFL)” dell’Istat, l’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro inquadra e descrive un target complesso e eterogeneo, quello degli stranieri comunitari ed extracomunitari presenti in Italia, rispetto alla loro condizione nel mercato del lavoro.
Analizzandone le caratteristiche, sia individuali che lavorative, è possibile fornire una descrizione sintetica di questa platea di lavoratori stranieri, confrontarla con quella italiana ed esaminare il suo andamento negli ultimi 10 anni.
Dieci occupati su 100 sono di origine straniera, con un tasso di occupazione del 60,6%, superiore di 3 punti percentuali al tasso di occupazione dei soli italiani (57,7%). Sono le regioni del Nord Italia ad attirare maggiormente i lavoratori stranieri e, in particolare, circa 6 su 10 si collocano fra Nord Est e Nord Ovest, più di un quarto nel Centro del Paese e il restante 15% nel Mezzogiorno. La loro quota è massima nel Lazio (14,6%) e minima nel Molise (4,1%). Fra le regioni con una quota di occupati sopra la media nazionale troviamo l’Emilia Romagna (13,2%), la Lombardia (12,9%), l’Umbria (12,7%) e la Toscana (12,2%).
Uno straniero su tre è occupato in professioni non qualificate, contro l’8% degli italiani. Inoltre, lo stipendio netto medio di un dipendente full time straniero è inferiore di oltre un quinto a quello di un italiano. Questo gap è dovuto essenzialmente alla concentrazione dei lavoratori stranieri in occupazioni meno qualificati e con un minore livello di retribuzione. Se analizziamo le principali professioni vediamo che, per i maschi, il primo mestiere è legato all’edilizia (113 mila, pari ad un terzo degli occupati) mentre al secondo posto troviamo gli addetti allo spostamento delle merci, con 91 mila addetti stranieri. La metà dei venditori ambulanti (51 mila) sono di origine straniera.
Osservando le professioni delle donne straniere, si nota invece una forte presenza nelle attività dei servizi domestici (246 mila occupate), seguite da 113 mila badanti, 83 mila cameriere e 42 addette ai servizi di pulizia presso imprese private. In queste 4 professioni si concentra il 66% dell’occupazione femminile straniera.
“L’analisi dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro – spiega Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – certifica l’evoluzione e la trasformazione del mercato del lavoro negli ultimi anni e la graduale sostituzione dei lavoratori stranieri agli italiani in alcuni lavori”. “È un trend entrato a far parte della nostra economia che, inevitabilmente, si riflette a cascata su tutti gli altri indicatori economico-sociali: dal pagamento delle imposte fino ai servizi sociali e assistenziali passando per il delicato nodo della partecipazione alla spesa previdenziale. Gli stranieri regolari in Italia sono, infatti, concentrati nell’età da lavoro 15-64 anni”.