Osservatorio Malattie Rare: tra le possibili soluzioni per le terapie avanzate la creazione di accordi interregionali e, a lungo termine, un aumento del fondo innovativi in base a una programmazione puntuale
Terapia genica, medicina rigenerativa e cellulare, immunoterapia. Sono solo alcune delle tante declinazioni che avranno le terapie avanzate, tecnicamente definite ATMP (prodotti medicinali per terapie avanzate), che ieri rappresentavano il futuro, soprattutto per le persone affette da malattie rare, e che oggi sono invece il presente con cui fare i conti, tanto in termini di opportunità da cogliere che di sfide da superare.
La Regione Lombardia, con le sue strutture di eccellenza sanitaria, sarà una di quelle che per prima sarà chiamata ad erogarle e sarà chiamata a farlo verso pazienti provenienti da tutta Italia; per questo è stata scelta da Osservatorio Malattie Rare come caso di studio e scenario dell’incontro ‘Le terapie avanzate nell’ambito delle malattie rare: Lombardia regione-pilota nella gestione ‘value based’, svoltosi all’Università degli Studi di Milano grazie al contributo incondizionato di bluebird bio.
L’incontro, che ha avuto il patrocinio della Regione Lombardia, è stato aperto da una lettera dell’Assessore al Welfare Giulio Gallera. “Regione Lombardia ha dedicato grande attenzione agli oltre 80.000 pazienti affetti da malattie rare presi in carico dal nostro sistema sanitario attraverso la definizione di percorsi di cura personalizzati – ha scritto l’assessore -. Nella nostra Regione sono presenti i principali centri per la cura delle malattie rare dove vengono utilizzate le terapie più innovative per malattie fino ad oggi senza una vera cura. Obiettivo di Regione Lombardia è assicurare farmaci e cure innovative garantendo appropriatezza clinica, assistenziale e di risorse, attraverso le Reti clinico assistenziali e in collaborazione con i clinici e le Associazioni interessate”.
“Nelle malattie rare la scienza ha messo in pratica le più grandi innovazioni, è qui che si è cimentata la terapia genica e l’editing genomico, sono le malattie rare a portare nel paese le terapie avanzate – ha detto il direttore di Osservatorio Malattie Rare, Ilaria Ciancaleoni Bartoli –. Con l’arrivo di questa innovazione alcune questioni saranno amplificate: se i farmaci orfani erano per pochi pazienti, le terapie avanzate sono di fatto medicina personalizzata, se per le malattie rare i centri di riferimento erano distribuiti su livello regionale o interregionale, per le terapie avanzate ci si concentrerà su pochissimi centri a livello nazionale. Vista la continuità di sfide ed opportunità che malattie rare e terapie avanzate pongono al sistema per Osservatorio è stato naturale offrirsi come strumento e contesto per un costruttivo confronto”.
“Se consideriamo i costi sanitari per gli assistiti in Lombardia, l’impatto dei pazienti con malattie rare rappresenta l’1.2 per cento della spesa complessiva – ha affermato la dottoressa Erica Daina, referente del Centro di Coordinamento della Rete Regionale Malattie Rare, IRCCS Mario Negri – e al tempo stesso l’impegno in questo settore ci offre la grande opportunità di studiare modelli e soluzioni nuove su piccoli numeri per poterle poi applicare su larga scala nelle patologie più diffuse. Abbiamo un debito nei confronti dei malati rari, dobbiamo capire che destinare risorse allo studio delle malattie rare è un investimento vantaggioso e abbiamo il dovere di offrire ai pazienti i trattamenti che essi stessi hanno contribuito a sviluppare”.
Tra le sfide emerse nel corso del dibattito ci sono la necessità di individuare e definire i centri specializzati che dovranno applicare le terapie avanzate e, soprattutto, la necessità di fare i conti con risorse scarse e con un fondo innovativi che non sarà sufficientemente capiente per pagare queste terapie, costringendo di fatto le regioni a farsene carico. Un problema che graverà soprattutto sulle regioni che hanno i centri di eccellenza, e dunque sulla Lombardia, che attrarrà pazienti dal resto del Paese.
Le proposte individuate nel corso del dibattito prevedono in ogni caso che si faccia sistema, o a livello di accordi interregionali o a livello nazionale. È stato infatti proposto un fondo nazionale dedicato, che potrebbe essere lo stesso fondo innovativo già esistente, ma ampliato e rivisto nei meccanismi, che garantisca il pagamento sia alle Regioni che alle Industrie. Le parole chiave individuate affinché questo fondo sia efficiente sono: programmazione, delisting – dunque risparmio – e superamento della logica dei ‘silos’ tra spesa farmaceutica e spesa sanitaria. Il fondo è stato rappresentato da tutti come la soluzione ottimale, ma con la consapevolezza che potrebbe non arrivare a breve e che bisogna trovare anche soluzioni più rapide per superare i probabili problemi di flusso di cassa attraverso accordi regionali. A tal fine si è auspicato che la Regione Lombardia si faccia promotrice di una discussione a livello di Conferenza Stato-Regione, per stabilire accordi chiari in attesa di una soluzione nazionale più organica.
“L’impatto delle terapie avanzate sarà grande – ha detto Paolo Saccà, Senior Consultant Governance Farmaceutica di Agenas – ma il vero problema è che i fondi sono sempre troppo pochi e potrebbero non essere sufficienti, questo è un problema che va risolto di concerto tra il Ministero della Salute e il MEF. Nel frattempo però dobbiamo fare i conti con un paese che ha 21 sistemi sanitari diversi, con cittadini di serie A e cittadini di serie inferiore: lo dimostra la mobilità passiva”.
“Per le terapie avanzate tale mobilità è inevitabile, perché queste terapie possono essere fatte solo in centri di grande competenza ed esperienza. Prenderne atto significa anche capire che le regioni da sole non possono farvi fronte. Per finanziare il fondo si può risparmiare ottimizzando la spesa farmaceutica attuale e anche con un’operazione di delisting di farmaci e prestazioni obsolete, scegliendo di rimborsare ciò che è realmente impattante in termini di cura e dunque spostare risorse su ciò che è veramente innovativo, ma le parole chiave per vincere questa sfida sono programmazione e superamento dei silos tra spesa farmaceutica e sanitaria”.
“Le terapie avanzate in arrivo sono complesse e costose ma anche assolutamente costo efficaci, tanto più che sono terapie da fare una sola volta nella vita. E’ inevitabile la concentrazione in pochissimi centri di eccellenza – ha spiegato Lorenzo Mantovani, Professore Associato di Salute Pubblica, Università degli studi di Milano Bicocca – ma serve una risposta nazionale e la migliore sarebbe quella di istituire un fondo. Dobbiamo vedere le terapie avanzate come un investimento. Intanto ci permettono di risparmiare in terapie croniche e disabilità e poi sono un’opportunità per il paese, che potrebbe diventare attrattivo per pazienti provenienti da altri paesi, ingenerando un altro tipo di mobilità, quella internazionale: ci saranno, come ci sono già, pazienti che vengono in Italia dagli Usa o da altri Stati con una sanità assicurativa. Le loro assicurazioni sono ben felici di pagarci, perché il costo è minore di quello che sosterrebbero da loro. Il SSN ci guadagna economicamente e in prestigio”.
“Certamente la soluzione a lungo termine è quella di un intervento centrale e anche a livello europeo, una cosa che le associazioni dei pazienti rari chiedono da anni – ha detto Tommasina Iorno, presidente di ATDL – Associazione Talassemici e Drepanocitici Lombardi ONLUS – I pazienti devono essere coinvolti e non “arruolati” e i rappresentanti dei pazienti hanno una grande responsabilità nell’agire il loro ruolo nei processi decisionali, non a caso l’ATDL ha già sperimentato l’Early Dialogue, ha messo in campo un’adeguata formazione per la propria comunità dei pazienti – laboratori di empowerment per meglio comprendere il ruolo del paziente nella ricerca di qualità – ha svolto due momenti di informazione pubblica sulle terapie avanzate – ha contribuito sulla formulazione del consenso informato delle terapie avanzate. Le Terapie avanzate attese da anni possono essere una risposta ai bisogni dei pazienti ma i pazienti affetti da malattie rare sono pochi e la scelta di entrare in un protocollo di sperimentazione deve essere oculata e condivisa al fine di non precludersi altre possibilità, il paziente deve essere informato sulle varie possibilità con trasparenza.